Così rinnoviamo il Patto delle Catacombe. Testo di Napoli


Il 16 novembre del 1965, pochi giorni prima della chiusura del Concilio Vaticano II, una cinquantina di padri conciliari hanno celebrato un’Eucaristia nelle Catacombe di Domitilla. Era il gruppo dei vescovi della “Chiesa dei poveri” che alla fine del Concilio decisero di scendere nelle catacombe, simbolicamente “ai margini”, per firmare il “Patto delle Catacombe”. I firmatari si impegnavano personalmente a vivere da chiesa “povera e dei poveri”, ed hanno poi vissuto questo impegno fino in fondo con scelte concrete.
Il 16 novembre 2015 nel 50° anniversario del Patto delle Catacombe, alcune centinaia di  laici e laiche, religiosi e religiose, non solo di Napoli, per impulso di p. Alex Zanotelli e p. Antonio Loffredo parroco del rione Sanità, sono entrati  nelle catacombe di S. Gennaro dei Poveri, nel Rione Sanità (Napoli), ai “margini”, per dare vita ad un rinnovato Patto e per impegnarci a dare centralità ad una “Chiesa povera” e dei “poveri”.


Oggi 16 novembre 2015 nel 50° anniversario del Patto delle Catacombe, entriamo nelle catacombe di S. Gennaro dei Poveri, nel Rione Sanità (Napoli), ai “margini”, per dar vita ad un rinnovato “Patto” e per impegnarci a dare centralità ad una “Chiesa povera e dei poveri”. Come quei padri conciliari, anche noi, oggi, “nell’umiltà e nella coscienza della nostra debolezza, ma anche con tutta la determinazione e la forza di cui Dio vuole farci grazia”, ci vogliamo impegnare.

Prima di tutto, Signore, ti vogliamo chiedere perdono. Siamo consapevoli che, attraverso il nostro stile di vita, siamo causa di tanta sofferenza dei nostri fratelli e sorelle, nonché dell’“oppressa e devastata terra”.

Ci impegniamo a fare l’opzione dei poveri, degli esclusi, degli “scarti” della società, a riconoscere in loro la “carne di Cristo”, Sacramento vivo della sua Presenza, “a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro.”

Ci impegniamo, affinché la nostra azione pastorale porti i poveri a sentirsi a “casa loro” nelle nostre comunità, nonché ad essere al centro della nostra attenzione.

Ci impegniamo quindi, ad acquisire uno stile di vita sobrio in tutti gli ambiti della nostra vita, nell’abitazione, nel cibo, nell’abbigliamento, nei mezzi di trasporto e nelle nostre chiese: evitando l’usa e getta, privilegiando l’usato e il circuito corto e naturale, consumando libero da scorie, riciclando e recuperando i rifiuti.

Ci impegniamo, davanti a Te, Unico Signore, in questa società che adora l’idolo del denaro, a non arricchirci e a condividere quello che abbiamo.

Ci impegniamo, ad utilizzare nella nostra quotidianità fornitori di servizi bancari che scelgono la finanza etica e alternativa, che combattono la speculazione, che non favoriscono il riciclaggio dei capitali nei paradisi fiscali, frutto di criminalità o di evasione e che non investono in attività, come l’industria delle armi, che causa sofferenza e morte.

Ci impegniamo, in questo momento storico, all’accoglienza dei fratelli e delle sorelle, che fuggono da situazioni di ingiustizia e di morte, perchè fare spazio a loro è farlo a Cristo: mettendo a disposizione le nostre case, chiese e conventi.

Ci impegniamo, in solidarietà con i poveri, a rimettere in discussione il nostro Sistema economico-finanziario, ”nuova e spietata versione del feticismo del denaro”, i cui effetti devastanti tocchiamo con mano in questo Sud così martoriato e devastato: sostenendo in maniera nonviolenta, nella nostra azione pastorale, i movimenti popolari che si impegnano a favore dei diritti fondamentali dell’essere umano, “lavoro, casa, terra”, ma anche contro le enormi spese militari che producono sempre più guerre.

Ci impegniamo a lottare contro ogni forma di violenza, di sopraffazione e di cultura mafiosa che genera criminalità organizzata, corruzione, inquinamento ambientale e morte.

Ci impegniamo a “curare la nostra casa comune” accettando la sfida di Papa Francesco che, di fronte alla “grave crisi ecologica”, causata dall’uomo e che sarà pagata dai poveri, ci chiama ad una ‘conversione ecologica’, basata su relazioni sane “con il mondo che ci circonda”.

Ci impegniamo a costruire comunità cristiane “in uscita”, aperte alla mondialità, all’inclusione, al dialogo ecumenico ed interreligioso, profondamente missionarie e profetiche.

Ci impegniamo, ritornando nelle nostre realtà locali, a far conoscere questo Patto chiedendo ai nostri fratelli e sorelle di vigilare su questa nostra scelta aiutandoci con la preghiera e la comprensione.

Ci impegniamo, (sacerdoti e vescovi), a “non possedere a nostro nome beni immobili”.

Signore affidiamo questo nostro Patto nelle tue mani, certi che ci aiuterai a vivere queste scelte, consapevoli che, insieme, possiamo smuovere le montagne.

“Aiutaci Dio, nostro Papà, ad essere fedeli”.

Napoli, 16 novembre 2015

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