Referendum, il potere della comunicazione


Continuando la riflessione sul prossimo referendum costituzionale, che tiene banco nell’agenda politica italiana almeno a livello di media mainstream, cioè ufficiali, in riferimento ad un confronto pubblico promosso da “Scampia felice” sulle ragioni del SI’ e del NO il 27 ottobre, si possono configurare diverse possibilità di voto, per le diverse motivazioni che si possono dare a questo voto. Rimane centrale - a nostro avviso - l’interrogativo su che cos’è veramente in gioco, in riferimento soprattutto alla “comunicazione politica” che caratterizza l’accesa campagna elettorale in corso non solo attraverso tweet e simili del Matteo Renzi.

In merito alle scelte di voto, una prima opzione è il SI’ ai quesiti referendari sottoposti al vaglio degli elettori, per adesione ai contenuti della riforma riguardanti principalmente le istituzioni parlamentari (Senato e Camera dei deputati); una seconda opzione è il SI’ ai contenuti della riforma costituzionale in quanto proposta dal Premier Renzi, cioè è un SI’ a sostegno della politica e del potere del Premier; una terza opzione è il NO ai contenuti della riforma costituzionale, perchè non si condividono o si hanno riserve su diversi aspetti della riforma costituzionale come proposta; una quarta opzione è un NO a Renzi, cioè all’occupazione della Premiership per un cambiamento, che passa attraverso la bocciatura del progetto di riforma costituzionale. E’ stata anche proposta una sorta di “astensione attiva” votando ed annullando la scheda, che forse vuole esprimere una distanza dalla politica e dalle sue procedure. Circa il significato che può assumere un referendum da parte dei cittadini, scrive Marc Lazar: "Un referendum offre ai cittadini l’opportunità di lanciare un messaggio, che a volte non ha alcun rapporto con la questione da dirimere. Possono approfittarne anche per esprimere la propria insoddisfazione per il governo in carica o al contrario per sostenerlo" (La Repubblica, 19 ottobre 2016).

In questa lunga e dibattuta campagna elettorale che precede il voto del 4 dicembre, i due fronti più o meno organizzati occupano lo spazio politico con diverse manifestazioni ed argomentazioni, a favore della propria posizione, con diversa efficacia comunicativa sull’opinione pubblica, almeno quella interessata e che partecipa attivamente o davanti alla TV ai duelli tra gli esponenti delle due parti. In un'intervista del 18 ottobre al Corriere della sera l’ex Premier Mario Monti, manifestando apertamente la sua scelta per il NO, dichiarava di non poter legittimare un modo di acquisire consenso basato su elargizioni: "un metodo di governo con il quale si è lubrificato da tre anni l’opinione pubblica con bonus fiscali, elargizioni mirate, o altra spesa pubblica perché accettasse questo". Pur con alcune riserve del senatore su aspetti della riforma costituzionale, si tratta da parte di Monti e tanti altri di un NO al metodo di governo dell’attuale Premier. 

A nostro avviso, al di là del merito delle questioni costituzionali, nel dibattito è sonante la propaganda o più esattamente la “comunicazione politica” del Premier e segretario PD Renzi, che non solo utilizza abilmente i social media per un contatto diretto con i cittadini, con un tono rassicurante di complicità con le attese della gente - e in ogni caso disegna un’asimmetria di posizioni non solo sul piano comunicativo per l’amplificazione da parte dei media ufficiali in ragione della posizione di Premier - ma per la capacità di avvalersi (secondo Monti) di provvedimenti di governo o elargizioni che possano generare consenso. Anche se questo entro certi limiti non può scandalizzare politici e politicanti vari.

In fondo anche in questo evento referendario, al di là del merito di una riforma da approvare o bocciare, l’accesa campagna elettorale è luogo dell’agone politico, lotta politica per acquisire consenso, cioè per la conservazione o acquisizione del potere da parte di chi al momento è al posto di comando o vuole conquistare il potere. E nella società informazionale, il potere si configura come “potere della comunicazione” (Manuel Castells, Comunicazione e potere, Università Bocconi Editore) che sovrasta i Renzi o i D’alema di turno in questo rissoso paese che non è più di guelfi e ghibellini.

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