Vuole i poveri al centro del mondo
Sabato 5 novembre con una
carovana di 54 amici e collaboratori di Scampia ho partecipato in Vaticano al Terzo incontro di papa Francesco con i rappresentanti
internazionali e italiani dei movimenti popolari. Devo dire la verità,
l’evento non mi ha particolarmente coinvolto e
sollecitato, anche se ho apprezzato
le testimonianze dei delegati di vari continenti sui temi della difesa della Madre Terra, del
diritto sociale alla casa e al lavoro, oggetto della sacrosanta lotta dei
movimenti popolari in vari paesi, e la
presenza sul palco accanto a papa Francesco di rappresentanti di vari paesi nei loro abiti tradizionali. Dopo, un ampio
atteso discorso di papa Francesco iniziava con queste parole: "In questo nostro terzo incontro esprimiamo la
stessa sete, la sete di giustizia, lo stesso grido: terra, casa e lavoro per
tutti", e alla fine invece della benedizione ha preferito scendere in platea
per accarezzare, benedire, stringere le mani dei malati e quelle dei numerosi
presenti che attendevano un gesto, un bacio anche ai loro piccoli.
A distanza di pochi giorni altri incontri e messaggi di papa Francesco di straordinario
significato e spessore evangelico sui “poveri” mi hanno raggiunto, condiviso e illuminato, e voglio condividerli con voi. Prendo fior da fiore, senza ulteriori commenti.
Dall’intervista di Eugenio Scalfari, un giorno prima dei risultati delle elezioni americane (La Repubblica, 11 novembre): “Cosa pensa di Donald Trump?” La risposta precisa fuori del linguaggio politico: "Io non do giudizi sulle
persone e sugli uomini politici, voglio solo capire quali sono le sofferenze
che il loro modo di procedere causa ai poveri e agli esclusi". Completa con la preoccupazione principale di Francesco:
"Quella dei profughi e degli immigrati, in piccola parte cristiani, la loro sofferenza e il loro disagio; le
cause sono molte e noi facciamo il possibile per farle rimuovere. Purtroppo
molte volte sono soltanto provvedimenti avversati dalle popolazioni che temono
di vedersi sottrarre il lavoro e ridurre i salari. Il denaro è contro i poveri
oltreché contro gli immigrati e i rifugiati, ma ci sono anche i poveri dei
Paesi ricchi i quali temono l'accoglienza dei loro simili provenienti da Paesi
poveri. E' un circolo perverso e deve essere interrotto. Dobbiamo abbattere i
muri che dividono: tentare di accrescere il benessere e renderlo più diffuso,
ma per raggiungere questo risultato dobbiamo abbattere quei muri e costruire
ponti che consentono di far diminuire le diseguaglianze e accrescono la libertà
e i diritti".
“Quello che noi vogliamo è la lotta contro le
diseguaglianze, questo è il male maggiore che esiste nel mondo. E' il danaro
che le crea ed è contro quei provvedimenti che tendono a livellare il benessere
e favorire quindi l'eguaglianza".
Scalfari: "Lei dunque vagheggia una società dominata
dall'eguaglianza. Una società del tipo marxiano?"
"Più volte è stato detto e la mia risposta è sempre
stata che, semmai, sono i comunisti che la pensano come i cristiani. Cristo ha
parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a
decidere. Non i demagoghi, non i barabba, ma il popolo, i poveri, che abbiano
fede nel Dio trascendente oppure no, sono loro che dobbiamo aiutare per
ottenere l'eguaglianza e la libertà".
Il papa auspica che i Movimenti popolari e soprattutto il popolo dei poveri
entrino direttamente nella politica vera e propria. La politica alta, creativa, le grandi
visioni. Quello che nell'opera sua scrisse Aristotele.
E nell’incontro dell'11 novembre con i socialmente
esclusi radunati nell’Aula Nervi, con delicatezza e sensibilità evangelica
affermava: “Come ha detto il Cardinale [Barbarin], le vostre mani sopra la mia
testa mi danno forza per proseguire la mia missione, nella preghiera
dell’imposizione delle mani. Vi ringrazio di essere venuti a visitarmi.” E l’occhio della telecamera
ha colto papa Francesco tra i disederedati di varie provenienze e situazioni
che abbracciava con affetto, che parlava più delle parole. “Vi chiedo scusa se vi posso aver qualche
volta offeso con le mie parole o per non aver detto le cose che avrei dovuto
dire. Vi chiedo perdono a nome dei cristiani che non leggono il Vangelo
trovando la povertà al centro. Vi chiedo perdono per tutte le volte che noi
cristiani davanti a una persona povera o a una situazione di povertà guardiamo
dall’altra parte. Il vostro perdono per uomini e donne di Chiesa che non vogliono guardarvi o non hanno voluto
guardarvi, è acqua benedetta per noi; è pulizia per noi; è aiutarci a tornare a credere che al cuore del Vangelo
c’è la povertà come grande messaggio, e che noi – i cattolici, i cristiani,
tutti – dobbiamo formare una Chiesa povera per i poveri; e che ogni uomo e
donna di qualsiasi religione deve vedere in ogni povero il messaggio di Dio che
si avvicina e si fa povero per accompagnarci nella vita”.
Il giorno dopo nella metropolitana 1 da Piscinola a piazza
Garibaldi ho incontrato una giovane rom con in braccio un piccolino, come altre
volte ho scambiato qualche parola con lei, e ho colto intorno mormorii non
certo di approvazione.
Domenica 13 novembre infine nella Messa giubilare in San Pietro
per i socialmente esclusi, quasi a conclusione di un percorso evangelico sulla
centralità dei poveri nel Vangelo, il Papa auspicava che
quella fosse la “giornata dei poveri”.
Meditiamo gente.
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