E ora come torniamo ad essere umani?

di Stefania Ioppolo


“Restare umani”…una parola, anzi no…due!
La società attuale è infatuata dal falso mito della libertà ad ogni costo, dalla possibilità di poter ottenere tutto ciò che vuole, di poter andare oltre ogni limite, anche fisico, infatuata dalla flessibilità, dalla revocabilità degli impegni presi.

L’uomo che pensa di bastare a se stesso, incurante del suo intorno e forse anche dei suoi stessi bisogni, naturali ed umani, vive in una visione distopica della società, sulla falsa riga del “superuomo” di Nietzsche, tendente a diventare sempre più dis-umano, inteso come un’alterazione negativa e peggiorativa del termine.

Bauman ha definito la società attuale utilizzando un termine molto appropriato, “liquida”, e questa caratteristica acquisita anziché aiutare l’uomo a coltivare la propria umanità (vista come bisogno di valori stabili e definiti), la coscienza, il pensiero, e ad accrescere la propria personalità attraverso sensibilità spirituale e sociale, lo ha reso simile a “cose”.

Nel 1972 Italo Calvino nelle “Città invisibili” scriveva: “Il giorno in cui gli abitanti di Eutropia si sentono assalire dalla stanchezza, e nessuno sopporta più il suo mestiere, i suoi parenti, la sua casa e la sua via, i debiti, la gente da salutare o che saluta, allora tutta la cittadinanza decide di spostarsi nella città vicina che è lì ad aspettarli, vuota e come nuova, dove ognuno prenderà un altro mestiere, un'altra moglie, vedrà un altro paesaggio aprendo la finestra, passerà le sere in altri passatempi, amicizie, maldicenze”.

Ci siamo convinti da soli che è un bene poter passare da una cosa all’altra quando la prima ci viene a noia, non importa che sia famiglia, affetti, casa, lavoro…diventano tutti oggetti inanimati, come noi stessi. Senza anima.
La libertà, falso mito, ci cinge con catene d’acciaio placcate di oro che ci incantano con il loro luccichio sinistro.
L’uomo è diventato un oggetto di consumo. Noi stessi siamo cose che chiunque può gettare via una volta consumati; la società dei consumi è soprattutto una società dello scarto, ma l’uomo ha bisogno di potersi riciclare per rimanere al passo, per assicurarsi una possibilità di sopravvivenza, per non finire nella pattumiera. In questo tipo di società ciò può avvenire solo a scapito di altri uomini, i più deboli, che verranno calpestati correndo il rischio di non rialzarsi più.

Bauman, nel suo libro “Vita liquida”, scrive anche:
Ciò che bisogna fare è correre con tutte le nostre forze semplicemente per rimanere allo stesso posto, a debita distanza dalla pattumiera dove altri sono destinati a finire”.
Non importa, poi, se questi altri sono fratelli, figli, mariti, mogli, genitori, figuriamoci poi se sono persone sconosciute, straniere, “diverse” per etnia, ceto sociale, usi e costumi…in tal caso, meglio ancora!
Da qui ansie e nevrosi dei nostri giorni, che hanno portato il consumo di tranquillanti a livelli mai raggiunti prima.

Quindi la domanda, o meglio le domande….
Cosa fare per riprenderci la nostra umanità? Come andare controcorrente per riacquistare la nostra identità di uomini e donne consapevoli del proprio valore, che non si svendano come oggetti in saldo in cambio di un’effimera sopravvivenza?
Per cominciare dobbiamo riconoscerci dapprima noi nuovamente “umani”, perché se riusciamo a fare ciò inizieremo a vedere l’umanità che abbiamo intorno e, di conseguenza, a far riconoscere noi stessi come umani agli altri, non più come oggetti a perdere, al limite riciclabili. Faticoso ma possibile!
Solo così potremo veramente ridiventare e restare umani, ripartendo da valori solidi, dal sentimento di misericordia che ci portiamo dentro ben nascosto, costruendo su solide fondamenta il nostro essere uomini e donne creature di Dio:

Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande.” (Lc 6, 47-49)

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