La democrazia dei leader alla prova
di Domenico Pizzuti -
Abbiamo
qualche difficoltà a comprendere i due giovani leoni leader Di Maio e Salvini, nella navigazione per la formazione di un governo del
cambiamento, cioè nel loro stile di
“comunicazione politica” sulla scena pubblica, con le telecamere che li rincorrono
sotto al Quirinale in occasione dei colloqui col Presidente della Repubblica
sullo stato di un contratto di governo. Il problema non è solo lo stile assertivo o risolutivo delle loro affermazioni (muscolare nel caso di Salvini, “gladiatorale”, di retorica populista con
l’occhio al linguaggio gutturale e alle
attese dell’elettorato lombardo-veneto), ma la pretesa di rappresentare
l’intero paese.
Dal mio
osservatorio napoletano, per esempio, noto la mancanza finora di un
riferimento ai persistenti problemi
lavorativi del Mezzogiorno, nel
contratto di governo forse semplicisticamente sistemato con il discusso “reddito di cittadinanza”.
Devo rilevare che nell'ambiente napoletano e forse meridionale non rilevo la
stessa agitazione per l’invasione dei “migranti forzati” sul nostro territorio, forse per una loro
adeguata sistemazione o più in generale
perché nelle nostre regioni c’è posto anche per loro.
Preoccupa l’ostilità e durezza da parte
del rappresentante della Lega nei confronti degli immigrati irregolari, con costosi rimpatri nei paesi di origine e la reintroduzione
del reato di immigrazione clandestina, quando a nostra memoria non consta che
la Confindustria italiana si sia mai pronunciata per esclusioni di irregolari e clandestini per
convenienze economiche, immaginabili in agricoltura ed
edilizia. Al di là della necessaria
regolazione dei flussi di immigrazione a vantaggio della stessa accoglienza e sistemazione degli immigrati,
ed il salvataggio in mare divenuto quasi un reato, dell’attenzione agli umori cavalcati di
strati di cittadini poco acculturati, il fenomeno dell’immigrazione tardiva nel nostro paese non è il
principale problema, e rivela politici di corte vedute
storiche e civili, che fanno ricorso a
toni di continua propaganda elettorale.
Dal
nostro osservatorio napoletano non è avvertito allo stesso modo neanche il problema della “sicurezza” e della “legittima difesa”
proposte dal Carroccio, pur in presenza
a Napoli negli ultimi tempi delle “stese” in alcuni quartieri da parte delle cosiddette “paranze di bambini”, alla ricerca di affermazione con azioni
eclatanti. E non ci consta che sia stato
richiesto di difendersi individualmente a mano armata, ma piuttosto è stata
avanzata la richiesta di maggiori controlli con telecamere e la
presenza dell’esercito. C’è invece attesa e richiesta nel Mezzogiorno di “protezione sociale” non
solo assistenziale ma di opportunità
lavorative, specialmente per le giovani generazioni, e quindi di incentivi alla
crescita economica con mirati
investimenti pubblici e privati. Non vogliamo asserire che Napoli ed il Mezzogiorno siano più virtuosi
specialmente sul piano civile, ma che le attese e le richieste sono diverse
rispetto ad altre aree, e da
rappresentare specificamente in una visione unitaria del paese. A chi aspira al
“governo” è necessario non
solo presentarsi e legittimarsi come
“capi politici” di movimenti che
hanno conquistato cospicui consensi
elettorali - e che sembrano finora
manifestare difficoltà non tanto a
incanalarsi nelle procedure costituzionali per la formazione di un governo,
ma nel mettersi alla prova per governare - disporre e manifestare anche in modo innovativo della necessaria “competenza politica” e
lungimiranza di visioni oltre i confini nazionali e locali.
L’affermazione e la pretesa sbandierata di voler dare un governo al
paese per perseguire un “cambiamento”
certo richiesto dai risultati elettorali sia al Nord che al Sud, pone due
fondamentali problemi; il primo riguarda nei programmi e nell'esercizio del
governo la rappresentanza interna ed internazionale dell’intero paese, cioè il
rapporto con le burocrazie europee da ri-contrattare e le collocazioni
internazionali. In attesa di disporre del programma definitivo con punti e
virgole, la poca attenzione al capitolo della cultura è stata sollevato con acutezza dalla
nota attrice Elena Sofia Ricci nel corso della trasmissione Otto e mezzo. Al
contempo è da segnalare la salvaguardia dell’ambiente con il non
risolto problema della manutenzione del territorio. Si può avere l’impressione
che finora i programmi in corso di definizione dalle due parti siano più
risposte ai problemi - con rispetto parlando - della “pancia” della gente, raccolti ed interpretati, agitati
in campagna elettorale. Sembra difettare una visione più ampia dei problemi, ignorando
completamente il processo della non regolata e condizionante
globalizzazione economico-finanziaria, in nome di venature nazionalistiche e comunitaristiche, se non sovranistiche, di
difesa di territori e comunità locali di fronte alle crisi economiche ed
identitarie.
In secondo luogo, sembra che la difficile preparazione e
definizione del nuovo governo sia ridotta all'azione dei
due giovani leoni con le rappresentanze dei rispettivi gruppi parlamentari e da
ristretti tavoli tecnici, che
definiscono preliminarmente programmi,
scelta del premier e indicazioni dei ministri da portare al Capo dello Stato, in attesa della necessaria fiducia del Parlamento, con la coda ai gazebo o sulla piattaforma
Rousseau per i cittadini interessati. Una democrazia non più dei partiti, ma dei
leader, o capi politici di
movimenti, che nella trasformazione e crisi della democrazia
rappresentativa, di fronte alla non partecipazione degli elettori, occupano e resistono al centro della scena politica, perno di comunicazione, mobilitazione e decisioni per un intero paese. Dio ci salvi.
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