Oltre le mura - Stefania Ioppolo

di Stefania Ioppolo -


Ieri mi è capitato di andare oltre… Oltre le mura della mia abitazione, oltre i viali del mio quartiere, oltre la sicurezza dei soliti luoghi frequentati. 
Al campo Rom ho incontrato una donna che conosco da tempo, da quando è iniziato il mio servizio di volontariato in chiesa; una donna come tante altre che vengono ogni settimana a chiedere un aiuto per sé, per i propri figli e i propri mariti. 
Sono loro quelle amiche “speciali” che se ti vedono per strada ti chiamano da lontano e ti corrono incontro per abbracciarti, insieme ai loro bambini con il nasino sempre raffreddato e le manine appiccicose che ti chiedono caramelle e cioccolata ma che, soprattutto, vogliono baci. 

Ieri, dicevo, in un piacevole pomeriggio di primavera ero seduta con V. e sua figlia di dodici anni nel piccolo cortile della loro casetta, arrangiata alla meglio per resistere alle intemperie, ma pulita e accogliente; al mio arrivo erano intente, uniche due donne della famiglia, a preparare le sarme, involtini di verza ripieni di carne e riso tipici della cucina serba, e che avrebbero mangiato l’indomani durante il pranzo per la Pasqua ortodossa; come succede tra donne quando ci si incontra e si parla di cibo V. mi ha spiegato come prepararli, partendo dalle foglie di cavolo da fare in salamoia e, a seguire, il ripieno e la cottura finale; li avevo già assaggiati ma mai preparati, proverò a farli anch’io. 

Gli uomini,invece, erano tutti fuori, riuniti nei cortili più grandi di altre casette per il rito dell’arrostitura del maialino allo spiedo, una sorta di porchetta per dirla alla nostra maniera. 
Questa è la loro tradizione. 
Abbiamo chiacchierato a lungo, con quella calma che di solito non abbiamo quando vengono da me in ambulatorio, della loro famiglia, dei genitori, dei fratelli e delle sorelle sparse per l’Italia e della speranza che i figli possano avere un futuro diverso da quello che ci si aspetta dalla loro cultura. 

V. mi ha raccontato di come si svolge la loro festa, di come c’è l’usanza la domenica di Pasqua, di allestire un piccolo altare con i fiori e un’ icona del risorto, da tenere all’ingresso della casa per tre giorni. 
Mi ha chiesto dell’origine della Pasqua, una curiosità che non aveva mai condiviso con altre persone. 
Le ho raccontato della Pasqua ebraica, di Mosè, del passaggio nel mar Rosso, del cammino nel deserto durato quarant’anni. 
Nessuno le aveva mai raccontata questa storia, né l’aveva mai letta, eppure in quel momento ha ritrovato nel racconto di questo popolo che ha vagato e camminato tra mille peripezie, l’esperienza della sua gente e la sua esperienza di donna rom. 

Tra ricette di cucina, confidenze tra donne e racconti della Bibbia, sono trascorse quasi due ore senza che ce ne rendessimo conto, in un mondo parallelo fuori la porta di casa. 
C’è uno stargate, un passaggio speciale, che talvolta siamo chiamati ad attraversare, che ci porta oltre i soliti luoghi comuni di un territorio, ma soprattutto ci porta oltre i soliti stereotipi sociali per riscoprire, in fondo, una umanità comune.

Commenti

Più letti