Un caso di mala-ospitalità

di Domenico Pizzuti -


In otto mesi di sistemazione “provvisoria” per 10 famiglie Rom nell’Auditorium Fabrizio De André di Scampia - causa perdita delle loro baracche nell'incendio presumibilmente doloso del 27 agosto - si era progressivamente instaurato da parte di singoli, del Comitato Abitare Cupa Perillo e di associazioni locali un rapporto di vicinanza, conoscenza, familiarità, si potrebbe dire complicità. 

Una situazione precaria in attesa di una dignitosa soluzione abitativa, con donne e bambini che andavano a scuola e giocavano sull'uscio dell’Auditorium. Nelle mie visite raccoglievo le loro richieste di latte, pannolini per i più piccoli, medicine e così via. Le famiglie si erano distribuite gli spazi, la cura dei servizi comuni e convivevano pacificamente. In un certo senso si era costituita una comunità di vita tra di loro e con noi. La loro partenza e dispersione a partire dal 18 aprile ha creato un vuoto, in attesa di conoscere le sistemazioni abitative richieste dal Comitato nell'interlocuzione con Sindaco e Assessore al Welfare.

A questo punto è d'obbligo una riflessione sulla gestione di questa emergenza abitativa, specialmente da parte dell’Assessorato al Welfare del Comune di Napoli, vicenda che ho seguito insieme al Comitato. A nostro avviso, si è trattato di una MALA-GESTIONE, di un MALO-MODO e MAL-TRATTAMENTO dei ROM. 

L’Auditorium è stato trasformato in accampamento per dare un tetto. Nonostante alle vetrate di ingresso fosse affissa la scritta “Centro comunale di accoglienza temporanea”, per i primi due mesi è stata affidataria la cooperativa sociale “L’uomo ed il legno”, con uno stanziamento di 75 mila euro non ancora pervenuti agli interessati; per i restanti 6 mesi è mancata la presenza fissa di un responsabile comunale della struttura pubblica, affidata all'autonomia delle famiglie ospitate e ad interventi non coordinati di singoli ed associazioni. 

In secondo luogo, in maniera informale ed irrituale, è stato richiesto dall'Assessore al Welfare ad alcune associazioni locali di diversa ispirazione di provvedere gratuitamente e volontariamente, ciascuna per un giorno alla settimana, alla fornitura dei pasti per tutto il periodo di permanenza delle famiglie Rom. Non è mancata l’attenzione e la generosità di singoli ed associazioni del territorio anche per altre esigenze.

In terzo luogo, per una sistemazione abitativa dignitosa di queste famiglie, da parte del Comitato Abitare Cupa Perillo è stato più volte richiesto di favorire l’accesso ad una abitazione pubblica o privata per l’inclusione sociale abitativa richiesta dalla stessa “Strategia nazionale di inclusione sociale di Rom, Sinti e Camminanti”. Dall'Assessorato è stata elaborata - senza alcuna concertazione con le famiglie Rom interessate ed il Comitato - una soluzione sbrigativa di erogazione di un contributo una tantum di 5mila euro a famiglia, per la cosiddetta ”autonomia abitativa”, sulla base di alcuni criteri indicati. Quattro famiglie sono risultate sprovviste dei criteri richiesti ed abbandonate a se stesse. A questo proposito, devo segnalare che più volte per iscritto ho chiesto all'Assessorato di provvedere all'accompagnamento di queste famiglie per una regolarizzazione della loro posizione, come promesso, per poter accedere al contributo. Inoltre, da un giorno all'altro in maniera sbrigativa - cioè in malo-modo - ad aprile è stato intimato da un funzionario comunale alle famiglie destinatarie cui era stato erogato il contributo di abbandonare la struttura entro 24 ore (sic!). 

Secondo il Comitato Abitare Cupa Perillo e l’associazione Chi rom...e chi no, in una lettera indirizzata al Sindaco De Magistris ed al Prefetto di Napoli per chiedere urgentemente un tavolo di confronto ed affrontare in maniera seria, competente e lungimirante la questione del diritto all’abitare delle comunità rom residenti a Napoli, si evidenzia che “La partita che si gioca oggi non riguarda solo il destino di queste famiglie, in ballo sono le politiche locali e nazionali sul tema dell’abitare e dell’inclusione sociale di comunità rom che risiedono a Napoli, a Scampia con precisione da oltre 30 anni. Tra loro ci sono cittadini italiani che per la prima volta dopo tre generazioni alle scorse votazioni hanno esercitato il diritto di voto e che provano a costruire percorsi di cittadinanza senza alcun risultato tangibile di miglioramento delle loro vita, della comunità, del quartiere a cui si sentono di appartenere e da cui senza volere stanno allontanandosi”.

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