L'altra metà del cielo...anche in terra


Lo scorso 18 aprile ho commentato il testo giovanneo del dramma della Maddalena, che trova il sepolcro vuoto e si affligge per questa assenza, un dialogo umanissimo con il  Vivente che si manifesta chiamandola per nome. Lei lo riconosce, e riceve la  missione di annunzio del Risorto ai discepoli. Pur non esplicitato nel testo, dalle parole di Gesù si evince che la Maddalena in un impeto di affetto e rispetto stava abbracciando il corpo ritrovato in un contatto trasformato: “Le disse Gesù, non continuare a tenermi, non sono ancora salito al Padre! Và, invece, dai miei fratelli e dì loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Come folgorato per il suo significato così attuale per la fraternità dei discepoli, leggo ad alta voce: “Maria Maddalena andò dunque ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e queste cose che le aveva detto” (Gv. 20, 17-18).

Il suo incontro con il Risorto, nel giardino dove era stato posto il corpo del crocifisso, è un fatto di reciproco riconoscimento. La resurrezione non è formalmente annunciata, ma esperita come inveramento della relazione personale e della conoscenza reciproca storicamente vissuta da Maria Maddalena con il Maestro. In un contatto fisico con il corpo del Maestro che non può essere ulteriormente prolungato per il suo ritorno al Padre. Non dobbiamo perdere in questa narrazione i tratti umanissimi di questa relazione personale della discepola con il Maestro, e dello stesso Maestro con la discepola che chiama per nome, comunicando la sua nuova condizione di ascesa al Padre e l’annunzio da dare ai discepoli.

In forza di questa testimonianza ecclesiale, nota la biblista Marida Nicolaci: “Sotto la sovranità del Signore risorto si farà strada una fraternità in cui non saranno il genere sessuale o il ruolo ecclesiale a determinare la dignità di ciascuno ma la relazione di amore fedele e la testimonianza rappresentata nei suoi poli maschile e femminile da Pietro, dal discepolo amato e dalla Maddalena. Nel segno dei suoi occhi capaci di vedere e della sua parola che annunzia la novità della relazione con il Padre dischiusa dal Risorto a tutti i suoi fratelli, si completa nel testo, per restare aperta e feconda nella vita della comunità, la catena delle figure femminili che attraversano il vangelo e che hanno tutte a che fare, a partire dalla madre a Cana, con il mistero pasquale di Gesù” (I Vangeli. Tradotti e commentati da quattro bibliste, Ancora, Milano 2015, p.1654).

Come vivere questa relazione, le esperienze religiose intime e profonde con il Signore, e la missione delle donne oggi nelle comunità cristiane, per ridare loro dignità e voce nell’annunziare la novità della relazione con il Padre? Sono risorse immense spesso senza voce, se riteniamo in una visione religiosa che il Signore conosca e chiami per nome ciascuna/ciascuno. Non si tratta tanto di istituire quote rosa o simili negli organismi centrali e periferici dell’istituzione ecclesiale, ma di fare emergere e promuovere esperienze cristiane genuine di dotte ed indotte, ed anche una conoscenza religiosa o teologica diffusa. Siamo noi maschietti ecclesiastici - che pensiamo di avere la chiave della conoscenza delle cose religiose, da ammannire a fedeli senza voce - disposti ad ascoltare ed accogliere donne di oggi? Ad ascoltarle mentre ci dicono a ragion veduta: “Ho sperimentato interiormente e sentito la voce del Signore che dice va’ dai tuoi fratelli e sorelle per potermi incontrare e vedere, là dove vivono e soffrono”.

Non è solo un fatto ecclesiale, può avere ripercussioni profonde sulla vita sociale se promuove la dignità, la voce e la partecipazione delle donne, l’altra metà del cielo...anche in terra.

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