Parole di Battaglia a Napoli

di Domenico Pizzuti sj


In data 4 ottobre, Domenico Battaglia Arcivescovo Metropolita di Napoli, ha inviato la Lettera pastorale 2021, dal titolo Shemà...Ascolta, alla luce dell’esperienza personale e della lezione di Elia in cui  Egli non parla se non come “voce di silenzio sottile” (1 Re 19, 12-13). Lettera pastorale, che va letta e gustata per potersi aprire all’Ascolto come "capacità ricettiva verso l’Altro che è Dio, gli altri, la storia, e quelli che essa, ma non Dio,  solitamente dimentica" (p.4). Si tratta di cercare insieme alcuni punti di riferimento pastorali verso i quali orientare il comune cammino nello stile del percorso sinodale, che significa un camminare insieme.

La Lettera dell’Arcivescovo di Napoli si caratterizza primariamente per lo stile, uno stile comunicativo avvolgente e coinvolgente che come una Lettera si rivolge direttamente al cuore del persone, alle “Carissime sorelle, carissimi fratelli in Cristo” a cui è indirizzata la Lettera in questione. In fondo nelle pagine della Lettera il tema dell’Ascolto ritorna in maniera ciclica diversamente esplicitato con un marcato approccio antropologico frutto delle esperienze sociali ed umane vissute ed elaborate dal nostro Pastore nelle regioni di provenienza. Si tratta di sedersi ai bordi degli spazi grandi o piccoli che siano per ascoltare il silenzio. L’arcivescovo non trova di meglio che "proporre l’ascolto come precondizione di ogni cammino pastorale, di ogni itinerario sinodale. L’ascolto non solo delle ragioni dell’altro, ma anche del proprio cuore" (p. 23). E’ questo a nostro avviso il cuore del messaggio: l’Ascolto come “precondizione” o “condizione” esistenziale di ogni cammino insieme,  pastorale o sinodale che sia. Cioé in fondo  di ogni relazione umana che si apre all’Altro.


Non dispiace, a nostro avviso, lo stile a tratti poetico e l’approccio antropologico alle diverse situazioni umane, anche perché invita nel campo religioso a superare un certo pragmatismo, un appiattimento sul fare, un attivismo dispersivo che non ascolta l’Altro, la presunzione di sapere tutto che viene dispensato dall’alto senza ascoltare l’Altro.  Da questo punto di vista vorremmo conoscere che cosa ne pensano del loro ascolto nella Chiesa e nella società le “carissime consorelle” a cui è anche indirizzata la Lettera. 


In secondo luogo, l’Ascolto dell’Altro o degli Altri in questa prospettiva non può ignorare la complessità delle situazioni sociali, il carattere strutturale - si direbbe sovraordinato - dei diversi settori dell’attività umana che hanno un loro spessore che va conosciuto, “ascoltato” per potere agire in vista dei cambiamenti necessari, come nel campo della salvezza del pianeta.

 

In terzo luogo, l’invito all’Ascolto specialmente nel cammino insieme nell’attività pastorale, non può diventare un vuoto bla bla che soddisfa chi lo pronuncia senza una verifica esistenziale, una bolla vuota che esalta e gonfia, in cui tutti applaudono sempre come nelle assise che vediamo del partito comunista cinese.

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