MORTO AMMAZZATO PER MANO DI CAINO


Ad un giornalista che mi intervistava sulle recenti morti di appartenenti a due gruppi in conflitto della criminalità organizzata dell’area Scampia-Secondigliano, ho consegnato alcune riflessioni che si sono poi perdute sulla carta stampata.
In primo luogo, insistere dai media su prossime vendette in questa faida non esorcizza certo la violenza ed il sangue, perché suppone un’ineluttabilità di queste dinamiche perverse di risoluzione dei conflitti per i profitti delle piazze di spaccio della droga.
In un certo senso si tratta della “profezia che si autoadempie” secondo una nota categoria sociologica. Conseguentemente, al di là della repressione dei crimini secondo la legge penale, ha senso il richiamo al comandamento della legge (non solo mosaica) “Non uccidere”, che viene poco richiamato nei vari percorsi attuali di socializzazione religiosa, come le questioni riguardanti la sessualità.
Un noto parroco di Scampia, in occasione di morti ammazzati nel suo rione, già alcuni decenni fa soleva scrivere sul registro dei defunti “Morto ammazzato per mano di Caino”. Ancora più pertinente  è un passo della sequenza che si recita nella Messa di Pasqua:“Morte e Vita si sono affrontati in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa” per  il significato tragico e la prospettiva pasquale che riguarda tutti i mortali in un letto o per mano di Caino.
Scampia non è “fuoricentro”, se non altro per il mercato della droga cui accedono appartenenti a tutte le classi sociali non solo della città e della regione. Il risultato visibile sono i numerosi “morti viventi” che giorno e notte accorrono a frotte sotto i nostri occhi verso i luoghi tristi di assunzione della droga.

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