MARIA E GESU’ O GESU’ E MARIA?

tratta da www.gdp.ch
Ad una mia osservazione su come nell’immaginario sociale religioso e nel culto di certi strati di fedeli Gesù Cristo rischi di essere un “fantasma”, o più precisamente di avere una posizione secondaria rispetto ad un sovrabbondante culto mariano,  un collega sociologo  mi faceva presente che da un punto di vista antropologico la figura di Cristo era stata resa più vicina in tempi recenti se non altro dalla devozione al Sacro Cuore e dal Cristo crocifisso. Si potrebbe aggiungere dal presepe francescano e anche secondo il Concilio Vaticano II dal/dalla “povero/a Cristo”. La mia osservazione derivava da canti mariani talora prevalenti nelle celebrazioni festive o quotidiane delle Messe anche dopo la santa comunione. Al di là di ogni altra considerazione si tratta se non altro di coerenza liturgica nella celebrazione della Pasqua della Nuova Alleanza alla Mensa del Signore.


Il fenomeno certo è rilevabile soprattutto nell’area napoletana con i significati antropologici attribuiti alla “mamma” e per la prevalenza di donne nelle celebrazioni religiose. Al di là di proiezioni consapevoli o meno sulla figura di Maria Madre (Madre di Dio certo, secondo la definizione cristiana) un’apertura originale si può trovare in uno scritto dello storico napoletano Giuseppe Galasso secondo il quale il culto mariano così diffuso a Napoli e nel Mezzogiorno servirebbe ad “addolcire” il severo culto al Crocifisso. Alla mia domanda su come dovessi comportarmi rispetto a tale fenomeno, un mio confratello teologo alcuni anni fa mi disse di seguire la liturgia con le sue feste e memorie mariane. E così sia!


In questo ambito non sono aliene, anche da un punto di vista sociologico, le pratiche prodotte e riprodotte nel campo religioso da clero e strati di fedeli in una sorta di complicità di visioni ed interessi religiosi, che solo altre pratiche animate da più precise e liberanti credenze religiose possono rianimare. Personalmente mi ripugna quasi far riferimento a subculture (non in termine sociologico) religiose popolari, cui la “religione” sovviene con credenze e pratiche protettive che “addolciscono” l’esistenza e aprono alla speranza.


Rimane un ultimo aspetto non facile che accenno soltanto, e cioè il contributo della devozione mariana alla promozione e liberazione della condizione femminile specialmente negli strati popolari. E’ in gioco il riconoscimento della dignità della donna nella vita sociale e religiosa. Per cogliere una contraddizione che riguarda non solo gli intellettuali religiosi, non molti anni fa in occasione della via Crucis sulla piazza di Scampia ora intitolata a Giovanni Paolo II, mentre si discuteva chi dovesse portare la croce che apriva il corteo, si udì una voce: "Le donne non possono portare la croce". Sic! Con una pubblica rimostranza per questa misoginia clericale abbandonai la piazza  perché questa esclusione era un’offesa alla stessa Madre di Cristo sotto la croce del Figlio.


Mi piace in conclusione far riferimento alle madri con colorati zainetti in spalle che ogni mattina mentre vado a Messa vedo accompagnare i figli a scuola, comprese le donne che scendono dal campo nomadi, e ai passeggini con i bimbi che mi sorridono. Continua la fila dell’Umanità…

Sancta Maria Mater Dei, ora pro nobis...


P.S. Dimenticavo che più di trent'anni fa con p. Giannoni tematizzammo Fede popolare, ed. Marietti  Torino 1979 perché nessuno è possessore di una fede doc.

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