IL CAPODANNO DI TAIZE' VISTO DA UN 20ENNE E UN 80ENNE
tratte da taize.fr |
Con i giovani di
Taizé “acqua e sapone” in preghiera nelle basiliche romane
di Domenico Pizzuti, gesuita e sociologo, 83 anni, Scampia
Alla fine
dell’anno, dal 28 dicembre al 2 gennaio, ho voluto partecipare ai momenti di
preghiera giornaliera del 35° Incontro europeo dei giovani nelle sontuose basiliche romane, non solo per distanziarmi dai problemi di Scampia, ma per
un’occasione di spiritualità in sostituzione degli Esercizi spirituali
ignaziani. In particolare sono stato a pregare nelle barocche Chiese del Gesù e
di S. Ignazio e in quella di S. Maria sopra Minerva.
Come an old young mi sono mescolato ai giovani seduti a terra,
ovviamente in qualche banco vuoto, riempiendo le Basiliche (letteralmente musei
di arte) per seguire i canti, i momenti di silenzio, le ispirate meditazioni di
frère Alois e soprattutto l’adorazione della croce posta a terra su cui i partecipanti
si chinavano per poggiare la testa in un momento di intensa preghiera e
comunione.
Anch’io, che non sono abituato a questi esercizi devozionali, sospinto dal ritmo della preghiera mi sono chinato con qualche sforzo fisico sulla croce per un’intima partecipazione ed invocazione di manifestazione e illuminazione. Questa assemblea di preghiera di giovani, si direbbe accampati nelle Basiliche pontificie, soprattutto ragazze che definirei dalla faccia “acqua e sapone”, all’occhio osservatore costituiva una marea giovanile di matrice europea in una condizione di eguaglianza unitamente ad una rappresentanza dei monaci di Taizè in bianca tonaca, uniti nel canto, nel silenzio, nell’invocazione. Una congregazione seduta per terra sotto le volte artisticamente decorate di una chiesa che fu, promessa di un “cristianesimo umile”.
Anch’io, che non sono abituato a questi esercizi devozionali, sospinto dal ritmo della preghiera mi sono chinato con qualche sforzo fisico sulla croce per un’intima partecipazione ed invocazione di manifestazione e illuminazione. Questa assemblea di preghiera di giovani, si direbbe accampati nelle Basiliche pontificie, soprattutto ragazze che definirei dalla faccia “acqua e sapone”, all’occhio osservatore costituiva una marea giovanile di matrice europea in una condizione di eguaglianza unitamente ad una rappresentanza dei monaci di Taizè in bianca tonaca, uniti nel canto, nel silenzio, nell’invocazione. Una congregazione seduta per terra sotto le volte artisticamente decorate di una chiesa che fu, promessa di un “cristianesimo umile”.
Ho partecipato a
due altri momenti impressionanti di questo incontro che ha raccolto 40mila
giovani non solo europei nel “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra” a Roma: la
distribuzione del pasto a mezzogiorno nella fantastica area verdeggiante del
Circo Massimo, dove si scorgevano carovane di migliaia di giovani affluire ai
caselli di distribuzione dei pasti, e la preghiera presieduta da Benedetto XVI
a Piazza San Pietro gremita da 45mila giovani con le candele accese in mano,
che lo hanno salutato con un entusiasmo contenuto perché forse faceva parte
dello sfondo di una chiesa allogata nei sacri Palazzi ma benevola verso i
giovani.
Nel corso della preghiera nella notte romana è calato per dieci minuti un silenzio totale, per ascoltare poi il saluto di Benedetto XVI avvolto in un rosso mantello. L’esortazione finale del suo saluto ha dato una risposta ad un mio interrogativo: coinvolgente lo stile della preghiera che raccoglie i giovani di varie tradizioni cristiane, ma poi che fanno nella vita ordinaria per rispondere a tante sofferenze e sfide della vita di oggi? Benedetto XVI dimostrando conoscenza dei fatti ha osservato:
Nel corso della preghiera nella notte romana è calato per dieci minuti un silenzio totale, per ascoltare poi il saluto di Benedetto XVI avvolto in un rosso mantello. L’esortazione finale del suo saluto ha dato una risposta ad un mio interrogativo: coinvolgente lo stile della preghiera che raccoglie i giovani di varie tradizioni cristiane, ma poi che fanno nella vita ordinaria per rispondere a tante sofferenze e sfide della vita di oggi? Benedetto XVI dimostrando conoscenza dei fatti ha osservato:
“Con il silenzio, il canto occupa un posto importante nelle vostre
preghiere comunitarie. I canti di Taizé riempiono in questi giorni le basiliche
di Roma. Il canto è un sostegno e un’espressione incomparabile della preghiera.
Cantando Cristo, voi vi aprite anche al mistero della sua speranza. Non abbiate
paura di precedere l’aurora per lodare Dio. Non sarete delusi.”
E soggiunge con chiarezza:
“Cari giovani amici, Cristo non vi toglie
dal mondo. Vi manda là dove la luce manca, perché la portiate ad altri. Sì,
siete tutti chiamati ad essere delle piccole luci per quanti vi circondano. Con
la vostra attenzione ad una più equa ripartizione dei beni della terra, con
l’impegno per la giustizia e per una nuova solidarietà umana, voi aiuterete
quanti sono intorno a voi a comprendere meglio come il Vangelo ci conduca al tempo
stesso verso Dio e verso gli altri. Così, con la vostra fede, contribuirete a
far sorgere la fiducia sulla terra”.
Così sia!
TESTIMONIANZA 2
Quell’unità dei cristiani già reale che chiama a
una Chiesa nuova
di Giacomo D’Alessandro,
laico e studente, 22 anni, Genova
Ho deciso di andare a
Roma, dopo aver trascorso a Taizé una settimana estiva tre anni fa, per due
motivi: lasciarmi andare ad un’esperienza sicuramente divertente e
significativa, e unirmi ai molti giovani che avrebbero dimostrato al Papa e
alla Chiesa romana quanto sia forte lo
slancio ecumenico, quanto sia semplice la capacità dei giovani di mettere
da parte inutili diatribe dottrinali per andare
subito all’incontro, al vivere insieme. In poche parole: la Chiesa
siamo tutti noi, di qualunque confessione, già qui insieme, disposti a
venirci incontro. Ora aspettiamo voi “dai grandi titoli e incarichi”.
A Roma eravamo 40mila. Viene spontaneo il confronto
con le Giornate Mondiali della Gioventù,
2 milioni a Madrid. Beh, a Madrid c’ero anch’io, per vivere e osservare questa
folla di giovani, e devo dire – a freddo – che la qualità dei due incontri non
è paragonabile, per quanto sia stato bene a entrambi. Lo spirito di Taizé raduna infatti un target molto più variegato, grazie anche all’approccio
ecumenico, in cui nessuna confessione è “dominante”. Non si incontrano solo i più
assidui frequentatori della parrocchia, ma gruppi eterogenei con sensibilità ecclesiali molto diverse, a
volte molto lontane, a volte molto aperte. In generale mi sembra di osservare
una platea più rappresentativa del
mondo giovanile contemporaneo.
Il secondo aspetto è
legato alla volontà di far incontrare e dialogare popoli e Chiese
diverse, che nello spirito di Taizé si manifesta sia nella quotidianità (si
alloggia nelle parrocchie in gruppi misti di nazionalità) sia negli eventi
(preghiere multilingue, laboratori multilingue, gruppi di condivisione al mattino
volutamente internazionali).
Il primo giorno di
workshop ho partecipato a un laboratorio
sul Concilio Vaticano II in San Paolo fuori le mura, tenuto da frère John e da Silvia Scatena, ricercatrice dell’Università di Modena-Reggio
Emilia. Un momento prezioso e seguitissimo di introduzione all’evento Concilio,
così poco conosciuto dai giovani e così fondamentale per la spiritualità di Taizé e i
grandi frutti sbocciati nella Chiesa a tutti i livelli. E’ stata la prima volta
nella mia vita ecclesiale in diversi ambienti, che qualcuno si è preoccupato di
“formarmi” sul Vaticano II. Comprendere la storia recente aiuta a comprendere problematiche ed esigenze della comunità
cristiana e anche ad affrontare meglio il nostro essere Chiesa oggi. Viene
da chiedersi dove siano stati a tal proposito i Vescovi in tutti questi anni,
con tanti documenti e discorsi ufficiali…
Il momento più esaltante e
liberante di questa esperienza è stato senza alcun dubbio pranzare al Circo Massimo, sotto un insolito sole e una luminosità
che stagliava il verde del prato sul rosso mattone delle rovine romaniche, e
queste sul cielo azzurro. In decine di migliaia, con le chitarre, i sacchetti
del pranzo, i colori delle magliette, i giocolieri, gli abbracci e le risate. La freschezza e la libertà di un’umanità
autentica, mischiata, una babele armoniosa in cui c’era comprensione e volontà
comune, prefigurazione di un mondo possibile e di una semplicità dove non manca
nulla. Considero quei momenti la più viva eucaristia del nostro capodanno
(“dove due o tre sono riuniti nel mio nome…” “erano assidui nello spezzare il
pane…”).
Abbiamo cercato la libertà
e la leggerezza di vivere un capodanno
comunitario, tra arte, cultura, preghiera e riflessione, ma anche
divertimento e presenza viva nel mondo. I media non ne hanno parlato. Non fa notizia che 40mila giovani
facciano una cosa del genere, oggi nel tempo del consumo, dell’indifferenza,
della cronaca nera e del materialismo finanziario. Eppure è un cammino che
continua, di cui frère Roger è stato
nel Novecento uno dei più grandi testimoni e promotori, vero pontefice tra le
Chiese. A Roma i giovani hanno dimostrato anche questo: dove c’è credibilità c’è spazio per un essere Chiesa che si rinnova
e affascina e riscopre la Parola e la Comunità.
In questi giorni nella capitale ho potuto
anche incontrare padre Domenico Pizzuti,
scambiarci osservazioni come queste, parlare dell’avventura del blog, dei
social network, donarci la bellezza di un momento e di un cammino comune di fiducia che oltrepassa il tempo e le generazioni,
permettendo l’abbraccio tra un ultraottantenne e un ventenne.
Ringrazio anche di questo.
Buon anno a tutti.
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