CATTOLICI MODERATI O IM-MODERATI SUL PIANO PUBBLICO

pubblicato il 30/01/2013 su famigliacritisna.it
Con un gruppo di credenti di Scampia impegnati in un laboratorio politico (Scampia felice), in riferimento a questa gridata campagna elettorale che sta per chiudersi e che registra l’adesione di cittadini di professione cattolica alle diverse formazioni politiche (da Rivoluzione civile al Movimento 5 Stelle alla Lega al PdL), ci siamo interrogati: "se il Messaggio evangelico è radicale anche per le sue conseguenze sulla vita sociale, perché i fedeli cattolici presentano un profilo moderato sul piano pubblico?".
Sono marginali i cattolici democratici di matrice conciliare, a vantaggio di una galassia non governata se non promossa dai due ultimi pontefici di vecchi e nuovi movimenti, comunità, gruppi religiosi con riconoscimento ecclesiale, che non si sono rivelati allo stesso modo un’istanza critica nella società e nella Chiesa. A livello di orientamenti diffusi per esempio in materia di programmi televisivi, è noto che praticanti regolari non solo anziani ascoltano Radio Maria o seguono Padre Pio Tv, ma per informazioni e programmi si rivolgono a Canale 5.

L’interrogativo di cui sopra era risuonato anche nei lavori di preparazione del Convegno delle chiese del Sud (Napoli, 12-13 febbraio 2009) in vista dell’aggiornamento del documento Chiesa italiana e Mezzogiorno (1989): perché al senso religioso del Sud non si accompagnano un’analoga coscienza civica, un’attenzione per la sfera pubblica, per la partecipazione alla vita della comunità civile? Perché ad una sostanziale tenuta del primo, nonostante gli anni della secolarizzazione, non fa riscontro un’incisività virtuosa delle seconde? Di qui la domanda se questa non fosse una carenza imputabile tra l’altro a una inadeguata azione educativa e pastorale delle comunità ecclesiali, interessate a trasmettere i principi della fede e dell’appartenenza religiosa, non altrettanto sollecite in questo contesto nel formare una mind structure, sensibile alle responsabilità sociali.
Questi interrogativi trovano conferma in alcune analisi sociologiche recenti: per quanto riguarda le scelte politiche, in riferimento alla diversità di posizione religiosa (per appartenenza, credenza e pratica), secondo Giancarlo Rovati nel volume Uscire dalla crisi. I valori degli italiani alla prova (Vita e Pensiero, Milano 2011), tutti gli indicatori confermano come all’aumento dell’importanza per fede e pratica religiosa tende ad aumentare la collocazione politica più verso il centro-destra che il centro-sinistra, tende a diminuire l’importanza data alla possibilità di partecipazione politica. Più sofisticate analisi potranno appurare se questo fenomeno abbia significato causale o sia da connettersi a caratteri concomitanti, come sesso, età e status socio-economico.

A sua volta Roberto Cartocci in Geografia dell’Italia cattolica (Il Mulino, Bologna 2011), sulla base della differenza fra non praticanti e praticanti regolari osserva che in definitiva la polarizzazione più evidente contrappone il Mezzogiorno a tutte le altre regioni. Infatti la pratica religiosa presenta valori più alti nelle regioni del Mezzogiorno continentale e in Sicilia. Sulla base di questo saldo la Campania si presenta come l’area meno secolarizzata del paese (-31,7) e le regioni del Nord-Est, caratterizzate da un secolare insediamento della cultura “bianca”, mostrano tra i valori negativi più elevati del Nord e sono attualmente meno permeate da valori cattolici. E si interroga perché una tale ripresa di religiosità non abbia avuto una visibilità maggiore e soprattutto non sia riuscita ad innervare un riscatto delle condizioni di degrado e di criminalità diffusa che negli ultimi due decenni hanno portato per esempio la città di Napoli al centro delle cronache quotidiane.

Sono note le analisi culturalistiche sulla carenza di civicness e spirito pubblico nel Mezzogiorno, ma bisogna mettere in conto l’inadeguatezza o assenza dell’azione educativa e pastorale per quanto riguarda le responsabilità della vita sociale, nonostante sollecitanti documenti della Chiesa italiana sul Mezzogiorno, che non investe atteggiamenti e comportamenti consolidati nelle relazioni economiche e sociali, le quali si ispirano a tutt’altre regole di una morale sociale. E’ prevalso negli ultimi decenni una privatizzazione della fede e un individualismo soggettivo o comunitario, che ha messo da parte l’etica pubblica lasciata a comportamenti consuetudinari accomodati alle convenienze, se non irregolari.
A nostro avviso più gravemente è stato messo da parte il messaggio profetico di un Dio che protegge le categorie senza difesa, come l’orfano, la vedova e le straniero, mentre in Italia vige ancora la Bossi-Fini, e gli ammonimenti biblici agli arroganti e alle città corrotte. Tra i valori non negoziabili bisognerebbe ascrivere il tema del lavoro non solo precario e flessibile ma umiliato e offeso nell’egemonia del capitalismo finanziario.

Di qui un invito che non riguarda solo le prossime contingenze elettorali - sulla base della fede cristiana interpretata rispetto alle povertà ed ineguaglianze crescenti, alle ingiustizie e corruzioni pubbliche -  ad essere ragionevolmente im-moderati con le opportune mediazioni socio-politiche. Perché non si agita almeno la bandiera della giustizia sociale a favore dell’universale crescita umana, per seguire invece altre bandiere o pifferai magici?

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