PER UNA RIFORMA STRUTTURALE E SPIRITUALE DELLA CHIESA
tratta da formiche.net |
In una precedenteriflessione su questo blog il gesto
inaspettato e inusuale di rinuncia di Benedetto XVI al pontificato è stato tematizzato alla luce di categorie
come “dimissioni”, “rinuncia”, “rottura”, “riforma”. Continuando la riflessione questa mattina per via Duomo verso
la cattedrale di Napoli, affiora dentro di me qualche considerazione ulteriore
in merito ai caratteri e al significato
di una riforma della Chiesa per una
crisi dichiarata dallo stesso pontefice “felicemente (o infelicemente)
regnante” secondo un linguaggio curiale.
Nella libreria delle Paoline
all’angolo del Duomo, mentre acquisto un
volume, uno scambio breve di opinioni
con le suore e qualche addetto ci porta sul discorso del giorno e sulle
diversità esistenti nella Chiesa rispetto alle acquisizioni e aspettative
delle generazioni segnate dal Concilio Vaticano II come la mia. Una suora
presente mette inaspettatamente in campo l’importanza assunta dalle vesti (talari, tonache, paramenti
liturgici) per le giovani generazioni ecclesiastiche perché sono “una difesa” a
presidio di un’identità (debole). In alcuni studentati anche religiosi, a suo
dire, "i giovani farebbero la doccia
anche con la veste!".
Rumino sui caratteri di quella che secondo
categorie storico-religiose si denomina “riforma religiosa”, in riferimento
alle forme attuali della crisi della Chiesa, in seguito anche alla lettura di
un intervista al teologo Hans Kung - autore tra l’altro del volume Salviamo laChiesa con un’analisi della profonda
crisi che attraversa la Chiesa cattolica - il quake si augura che anche il Vaticano
riconosca questa crisi e si avvii una
riforma della Curia.
"Se questa Curia non verrà riformata e
trasformata in centro efficiente ogni riforma sarà impossibile. La Curia è
l’ostacolo principale al rinnovo della Chiesa, a un dialogo ecumenico e a
un’apertura al mondo moderno" (La Repubblica, 14 febbraio 2013). Si tratta evidentemente di un
presupposto strutturale per il rinnovo della Chiesa, sembra più nell’ottica
dell’efficienza, trasparenza e decentralizzazione, per avviare processi più liberi e aperti nelle comunità cristiane.
A nostro avviso la categoria richiamata di
“riforma religiosa”, lungo una profondità storica di conflitti e movimenti
religiosi di riforma, fa riferimento
fondamentalmente ad una liberazione dal potere, dalla ricchezza, dal sesso (o
lussuria), ed oggi aggiungeremmo dalla fascinazione mediatica e ostentazione di
opulenza da parte della Chiesa, che offende i fedeli. Riforma quindi di
comportamenti e modelli di vita (se si vuole Gestalt), che devono trovare
appunto nuove forme e stili di vita
nella sequela del Profeta Gesù di Nazareth crocifisso e risorto in obbedienza alla sua missione. Non c’è bisogno questa riforma di gridarla in alto e in basso, ma certo di scuotimento delle
sicurezze e posizioni religiose, per percorsi di riflessione, discernimento,
confronto, in una fedeltà ad uno
Spirito che spira dove vuole e non solo
in alcuni gruppi o comunità carismatiche. Ferruccio De Bortoli al termine del
suo editoriale “Una fragile grandezza” mette in campo efficacemente "la Chiesa popolare che vive il Vangelo della
quotidianità” che insieme all’intera società "sperano che la scelta del
nuovo vicario di Cristo sia conseguente alla grandezza di un gesto profetico e
rivoluzionario" (Corriere della sera, 12 febbraio 2013).
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