FUJENTI A SCAMPIA, UNA SACRA RAPPRESENTAZIONE
tratta da Corriere del Mezzogiorno |
Nel pomeriggio di domenica (VIII di Pasqua) davanti alla
grande statua del cosiddetto "Cristo degli spacciatori" che veglia con le braccia aperte sul Lotto
P, ho incrociato gli atti di “onore”, come mi spiega seriamente una presente, da parte di un numeroso
gruppo di fujenti di Aversa chiamati dagli organizzatori a rendere omaggio alla Madonna dell’Arco
raffigurata ai piedi della sacra composizione, che nell’entroterra napoletano viene
onorata con il pellegrinaggio a piedi il
lunedì dopo Pasqua.
La cerimonia popolare nelle sue diverse modalità risulta
coinvolgente e manifesta una struttura (Gestalt, si direbbe) e non solo
un’organizzazione, elaborata da una cultura popolare che in questa circostanza viene
alla luce del sole. Configura una autonoma manifestazione di religiosità popolare (non
ufficiale, extraliturgica) da parte
delle diverse associazioni di fedeli
alla Madonna dell’Arco, il cui Santuario è officiato dai Padri Domenicani.
In
primo luogo i partecipanti di questo
numeroso gruppo di devoti,
biancovestiti con la fascia azzurra come i pellegrini al Santuario, sono
uomini e donne di tutte età con parecchi giovani adulti e ragazzi, e a
nostro avviso evidenziano un nucleo
coeso culturalmente che si esprime in questa manifestazione religiosa loro appartenente. Il corteo avanza verso la sacra edicola, fanno ali disciplinatamente due file di giovani che si
tengono per mano, e da un’auto vedo spuntare
una giovane Madonna con un piccolo in braccio, che si posiziona davanti
all’edicola con un’angioletta al lato e
un gruppo di donne biancovestite. Da quattro giovani donne viene steso per terra
un telo azzurro, con l’immagine di Maria, davanti alla Madonna in carne ed
ossa, e incominciano gli atti di onore previsti.
Avanzano – come usa - ondulanti i labari
delle diverse associazioni portati da giovani, che si inchinano davanti alla
Madonna e poi retrocedono, mentre un gruppo di musicisti mescola canti sacri e nazionalpopolari che danno un
fremito alla manifestazione. Ciò che non
avevo mai visto, è un giovane che si stende per terra e viene coperto dai colorati
labari, e con altri due compagni avanza strisciando verso il gruppo sacro (e ci
si meraviglia di papa Francesco che il venerdì santo si prostra in preghiera
davanti all’altare!). Una donna si fa
avanti nello spiazzo e brevemente si fa interprete e richiama ai presenti i benefici ricevuti dalla protezione di Maria, un’altra giovane facendosi avanti dà voce
a una invocazione condivisa dai presenti. Dalle finestre del Lotto P, che danno sulla
via, si affacciano intere famiglie per questa manifestazione religiosa che
viene loro offerta e a cui mi dicono hanno contribuito con offerte raccolte.
E’ chiaro il significato di questo onore rivolto alla Grande Madre nella
figura di Maria per ottenere aiuto e protezione con modalità che sono
ripetitive e sincretiche nei gesti e
nelle musiche. Quanto questa manifestazione, secondo l’affermazione marxiana,
significhi il grido della “creatura oppressa” è da meditare. Se non andiamo errati, affiora e si conserva la distinzione di genere e la divisione del lavoro anche nel campo religioso,
con le donne che hanno voce ed esprimono sentimenti e gli uomini che esprimono virilità portando labari e pesanti raffigurazioni religiose sulle spalle come
nella festa dei Gigli di Nola. Torreggia
su tutto questo insieme culturale e
religioso la grande statua del Salvatore che non è messo da parte nei percorsi di vita anche drammatici di questa popolazione con le sue modalità, le quali, come affermava Croce della plebe napoletana settecentesca,
"rappresentavano pur tuttavia, in
certa misura, un elevamento verso il divino, conforme alle condizioni in cui la
plebe napoletana si trovava" (Uomini e cose della vecchia Italia, II, Bari 1956).
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