POST FACTUM. ESORCISMO O ABBRACCIO DELLA SOFFERENZA?

tratta da Centro Televisivo Vaticano
La notizia di Papa Francesco che, dopo l’incontro con la folla in Piazza San Pietro, sotto il colonnato si ferma per imporre le mani su un disabile, è immediatamente divulgata dai mass media, a partire dalla TV vaticana, con l’attribuzione più o meno velata di “esorcismo”. Viene successivamente ridimensionata dallo stesso direttore di Rai Sat 2000. Si potrebbe dire: "il fatto esiste ma non costituisce...", e quindi va interpretata non solo sotto il profilo mediatico, alla ricerca dello scoop secondo la logica dell’informazione spettacolo, ma soprattutto del gesto di chi si china sulla sofferenza esibita ai margini della piazza.

In primo luogo, è noto che per alcuni aspetti c’è una corrispondenza tra emittente e fruitore che tende a convalidare le attese del pubblico oltre ad orientarle. In questo caso la ricerca del “meraviglioso”, dello straordinario, dello stupefacente come dell’orrido, del fatto inusuale da parte sia di strati del pubblico sia delle emittenti. La notizia del “bianco padre” che libera il corpo dalle forze maligne che lo imprigionano, un gesto di contatto con un corpo malato e un’invocazione liberante all’alto. In sintesi, il “meraviglioso” da una parte, il sensazionale dall’altro, e l’attribuzione di poteri straordinari al novello Vescovo di Roma che viene da lontano e ha il consenso delle folle che accorrono per il suo approccio immediato e lo stile di umiltà e semplicità che abbiamo già rilevato in altri interventi. Viene da dire “a ciascuno il suo” e non di più, anche a Papa Francesco che è un umano e deve fare i conti con fratello corpo, ed esercita con dedizione un servizio “cattolico” al popolo cristiano con la parola e l’esempio. Lo vediamo più vicino a Francesco d'Assisi che, se non andiamo errati, abbraccia il lebbroso, un gesto non straordinario di fraternità umana e cristiana.

Secondo le spiegazioni delle scienze sociali la magia e la religione intervengono nei “punti di rottura” dell’esistenza umana per dare rassicurazione e speranza. Gli interventi della medicina sono deputati a curare le varie malattie non solo corporali, da esercitare con responsabilità riguardando il “sollievo della sofferenza” umana. In tutta questa vicenda non vorremmo fosse trascurato il soggetto umano che si offre alla vista e all’attenzione del Vescovo di Roma con una muta invocazione di aiuto. Cioè  il corpo infermo, sofferente, ferito, handicappato che invoca una sanazione e liberazione. E, a nostro avviso, questo è il significato del gesto di imporre le mani sul capo dell’infermo, un gesto benefico e salutare come in altri casi della liturgia cattolica. Soprattutto è un venire a contatto con il corpo ferito da una malattia, fare propria in qualche modo la sofferenza del malcapitato con un'invocazione al mondo celeste che si fa vicino nel gesto d’amore di chi si china sul malato che attende sotto il colonnato di San Pietro.

La settimana scorsa dopo la celebrazione di una Messa feriale in una chiesa parrocchiale vicina al quartiere Scampia, animata da canti mariani con fazzoletti rossi agitati in alto da un pubblico prevalentemente femminile, una signora con un'amica mi avvicina in sagrestia e chiede una benedizione. Faccio presente che hanno pregato ferventemente con il rosario, hanno partecipato alla celebrazione della Messa, hanno ricevuto il corpo di Cristo nella Comunione, più benedetti di così! La richiedente non si convince e insiste, chiedo se c’è qualche motivo particolare per la richiesta, e mi dice che è da poco uscita dall’ospedale, è preoccupata. Ho ripensato a questo episodio. La prossima volta, con tutti i motivi teologici a disposizione per sentirsi benedetti, non lesinerò un gesto di benedizione sulla fronte per essere vicini a chi soffre.

Forse occorre anche prestare attenzione alle distorsioni di una religione che intrappola e non libera nel cammino verso una fede cristiana liberante e che conferisce fiducia. Cioè, accogliere il grido della “creatura oppressa” nel corpo e nello spirito.

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