CONTROCORRENTE...CHI?
tratta da unive.it |
Al di là di tutti i nostri elaborati discorsi è da apprezzare la capacità di papa Francesco di far riflettere con
simili affermazioni per una riforma della Chiesa e della società. Un amico che guarda con sconforto alla realtà socio-politica e religiosa
nostrana osserva spesso: "L’unica novità all’orizzonte è papa Francesco!"
La domenica precedente la prima lettura
della Messa proponeva la persecuzione
del profeta Geremia con espressioni che sanno di attualità: In quei
giorni, i capi dissero al re: "Si metta a morte quest'uomo, perché egli
scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il
popolo dicendo loro simili parole, perché quest'uomo non cerca il benessere
del popolo ma il male" (Ger 38, 4-6). E’ noto che il profeta è un tipo
di operatore religioso come il mago e il sacerdote, con una particolare
missione di portatore di una parola ricevuta che può non piacere. Può andare contro, come
nel caso di Geremia, a comportamenti e ad attese dei dominanti e delle loro forze armate, ma anche del popolo che
verrebbe scoraggiato.
La riflessione che ho ritenuto di proporre
riguardava il carattere profetico che non può essere attribuito o delegato – a torto o a ragione – all’uno o
all’altro nella Chiesa e nella società,
ma riguarda le stesse comunità di fedeli
nell’osservazione, discernimento, elaborazione e presa di parola riguardo ai problemi dell’ambiente
circostante locale e sovra-locale. Ciò richiede che le comunità cristiane non
solo siano abituate alla partecipazione alla vita della Chiesa ma alla riflessione alla luce della Parola e di insegnamenti etico-sociali per una elaborazione, una presa di parola pubblica, superando così una
diffusa afasia nella Chiesa e nella
società su problemi che interrogano cittadini e fedeli. Cito soltanto ad esempio la produzione
e vendita di armi che alimentano i devastanti conflitti nell’area medio-orientale.
Lo stesso discorso può valere anche per il servizio della carità nella più ampia
comprensione, che non può essere delegato al sacerdote o ad un gruppo, specie l’attenzione agli ultimi ed emarginati che pure affluiscono alle porte delle
nostre chiese per una loro accoglienza e riconoscimento sociale e civile. Che
ci stanno a fare i diaconi se non per il servizio della carità? Riflettendo ulteriormente mi son detto: “Vuoi vedere che il mutismo e il disimpegno dei fedeli dipende dal fatto che come
operatori religiosi – anche per i doni e la formazione ricevuta – spesso concentriamo il servizio della parola e della
carità nelle nostre bocche e mani? Forse dobbiamo aver maggior
fiducia nel popolo di Dio e nella sua azione gratuita ed elevante in ciascuno, di cui siamo meramente “servitorelli”
secondo la contemplazione ignaziana della Natività.
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