BERGOGLIO-SCALFARI, NOTE A MARGINE (MA NEANCHE TANTO)
tratta da formiche.net |
Non sfugge
l’operazione compiuta in questi anni da
Eugenio Scalfari, in quanto portavoce di
una cultura laica, volta ad instaurare un rapporto prima con il Cardinal Martini e poi
con il Vescovo di Roma Francesco su temi ultimi che lo sollecitano
non solo personalmente ma anche come
espressione di una cultura illuminista in
un paese dalle radici e dall’immaginario cattolico. E, in una visione
“relativa” dei problemi della credenza e
non credenza, il tema della credenza e a maggior ragione della “Fede” anche in questo scambio - si voglia o meno - è connotato
dalla teologia e cultura cattolica.
Per quanto riguarda problemi di contesto
religioso nel nostro paese, non deve sfuggire la lettera del Cardinale Scola all'inaugurazione dell'anno pastorale nella diocesi milanese, lettera che non può essere
considerata solo una denuncia o un approccio giudicante - a differenza di quello
dialogante di Bergoglio -, ma che induce a riflettere sul fatto o "il rischio
di una sorta di “ateismo anonimo”, cioè di vivere come se Dio non ci
fosse"; molti battezzati vivono
in una separazione tra fede e vita, come se Dio restasse al margine della vita. Su un piano
analitico, analisi sociologiche a partire dal dopoguerra (da Luckmann, La religione invisibile, Bologna
1969, a Taylor, L’Età secolare, Milano 2009) hanno messo in rilievo che nel mondo e nella cultura
occidentale la credenza in Dio non è più scontata come nella società
tradizionale e quindi non ci si deve
meravigliare se tratti di ateismo inficino la vita dei battezzati. A
nostro avviso c’è di più, perché nell’esperienza religiosa di battezzati e consacrati può verificarsi nel
tempo una sorta di saturazione o
stanchezza che può stabilizzarsi in una
ripetitività di pratiche senza vita o aprirsi ad una maggiore e faticosa consapevolezza credente.
Non si può condannare alcuno senza
appello, scrive il Card. Scola, "perchè il cammino della vita si compie solo alla fine".
In questo dibattito illuminato o
illuminista che accomuna credenti e non
credenti anche nel nostro caso, in riferimento al piano della fenomenologia o
dell’esperienza, risulta assente il richiamo alla “fatica” del credere, ai
dubbi, alle incertezze, agli interrogativi che attraversano l’esperienza del credente. Alla “notte oscura” che appartiene all’esperienza mistica,
ma non solo, dei tempi recenti (da Santa Teresina del Bambin Gesù a Madre Teresa di Calcutta, che talora si tenta di
scartare quasi fosse meno degna di
simili figure esemplari). E risulta assente anche il richiamo alle domande sui mali del mondo poste alla
teodicea, a cui diversamente le grandi religioni mondiali hanno cercato di dare qualche risposta o tentativo di
spiegazione.
Alle
radici della carità e della fede, a partire dalla sua esperienza umana e
credente del Cristo, l’apostolo Giovanni nella sua prima Lettera avverte
che se "nessuno ha mai visto Dio, se ci amiamo gli uni gli altri, Dio dimora in noi" (4,12). "E chi è che vince il mondo, se non chi crede che Gesù è il Figlio di
Dio?" (5,5). A nostro avviso, nella società europea il problema della
credenza riguarda non tanto un teismo e vago teismo ma propriamente la fede nel
Cristo Gesù con tutte le sue conseguenze
di luce e speranza per la vita personale e collettiva.
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