IL MANIFESTO DI FRANCESCO E LA CHIESA DI NAPOLI

tratta da alfonsomartone.itb.it
Continua con determinazione la strategia del dialogo di papa Francesco con rappresentanti del mondo non credente, come l’ultimo dialogo a Santa Marta tra Eugenio Scalfaro e Bergoglio, un autentico Manifesto per il cambiamento della Chiesa. Tale strategia si attua mediante  una comunicazione diretta e immediata anche con rappresentanti della cultura illuminista, attraverso una chiara apertura alla cultura moderna, già invocata da un altro gesuita, il Cardinale Carlo Maria Martini, rispetto a un ritardo definito secolare. Sono operazioni solo di vertice che si consumano in incontri personali, comunicazioni epistolari e virtuali, amplificati dai media attenti ai mutamenti di stile, di approccio, di insegnamenti del vescovo di Roma, papa della Chiesa cattolica?


La riflessione mi è stata suggerita questa mattina da un mio confratello missionario da decenni nel Ciad, di passaggio per Napoli, che mi pone l’interrogativo: anche a Napoli c’è entusiasmo per papa Francesco? Sul momento non ho una risposta, perché la domanda è riferita non solo alla chiesa napoletana, ed è connessa all’immobilismo ed attendismo della società napoletana nelle sue varie componenti. Posso dire che da parte dei praticanti ma non solo spesso ascolto commenti positivi ai gesti e ai messaggi di Francesco, che  rincuorano e aprono lo spirito, hanno sapore di novità, di vino nuovo per il popolo cristiano. Nello stesso tempo, lo stupore e l’accoglienza per le parole e i gesti del papa convivono con mentalità e pratiche consolidate e non trovano nuove modalità di espressione. Ritengo che questa percezione esprima, al di là delle buone intenzioni dei singoli e dei riferimenti di routine a Bergoglio, la situazione in alto e in basso in riferimento a ruoli e pratiche consolidate e a manifestazioni di religiosità “popolare” che persistono e sono incentivate anche da gruppi di devoti.

Durante i mesi estivi per esempio ho più volte osservato e commentato su questo blog i programmi per festeggiamenti in onore di icone della Madonna di Fatima che viaggiava tra santuari e parrocchie della città, guidate sia da sacerdoti diocesani che da religiosi. Programmi ripetitivi di modalità e pratiche religiose oscuranti la centralità del Cristo, su cui ho posto l’interrogativo: letteralmente si tratta di Cristianesimo o di Marianesimo? (Cfr Cristianesimo o marianesimo?; A proposito di Madonne viaggianti...). Sono allergico a suggerimenti, in questo caso ritengo che invece di presentazioni di apparizioni mariane con musica e canti, sarebbe piuttosto da illustrare il Simbolo, cioè il credo che esprime e confessa le principali credenze cristiane.

Il problema che viene sollevato dalle ventate di novità di papa Francesco non riguarda solo la Chiesa, ma il loro radicamento nella vita dei credenti, cioè il rapporto tra ispirazione e pratiche che l’inverano. O se si vuole tra “movimento e istituzione”, secondo il noto studio sociologico di Alberoni (1977). Tra “trasformazione” intellettuale e spirituale e “cambiamento” di atteggiamenti, comportamenti e pratiche. C’è spazio a Napoli per trasformazioni e cambiamenti della vita religiosa che aprano nuovi itinerari di umanità e fraternità postulati da una religione rinnovata e non autorefenziale, cioè da una fede che si fa storia?

Godot è arrivato, è papa Francesco!

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