FIUME IN PIENA O POPOLO IN PIENA? RISVEGLIO CIVILE NELLA TERRA DEI CASALESI

tratta da infooggi.it

Ho percorso sabato pomeriggio, per solidarietà e condivisione, il lungo corteo che sotto gli ombrelli si è snodato da piazza Mancini a Piazza Plebiscito secondo l’appello “Fiume in piena. Stop albiocidio” per riaffermare le ragioni della vita e della difesa della salute dei cittadini, della preservazione della stessa Madre Terra avvelenata dai rifiuti tossici di un traffico che ha attentato colpevolmente agli equilibri ecologici e vitali di una terra e della sua popolazione. 
In riferimento a questa corrente umana che sfilava raccogliendo movimenti, associazioni, rappresentanze sociali e territoriali con striscioni e singoli con manifesti al collo o scritte sulle magliette, preferiamo parlare di popolo in piena per la partecipazione che si evidenziava scaglione dopo scaglione di donne, madri di famiglia con i cartelli levati in alto di figli prematuramente morti per tumori, giovani, studenti, ambientalisti e militanti di vecchia data, provenienti dal triangolo della Terra dei Fuochi avvelenati ed avvelenanti ma anche dalla nostra città, e di don Patriciello e Alex Zanotelli

Dove sbocca questo fiume in piena, pacifico ma determinato, consapevole dei rischi subiti e non affrontati, che esprime rabbia ma anche cori giovanili coinvolgenti? (Ho avuto un attimo di commozione quando qualcuno intona “Bandiera rossa” e “Bella ciao”). La speranza di liberazione è espressa da uno striscione in testa al corteo portato da bambini della Scuola Oberdan raccolti dall’Associazione “Un nuovo mondo”: "Nella terra dei fuochi rivogliamo o’ paese do sole".

Dopo questa coinvolgente esperienza riteniamo di dover proporre alcune osservazioni che possono sembrare punture di spillo per una mobilitazione esaltante. In primo luogo non si può non sottolineare urbi et orbi questo risveglio della società civile nelle terre dei casalesi che ha preso coscienza dopo decenni di silenzio degli attentati all’ambiente e alla salute e vita degli abitanti, grazie all’opera di comitati di liberi cittadini con una mobilitazione nei diversi comuni sfociata nella “piena” napoletana. Si è costituita progressivamente una rete dove sono confluiti i comitati (se non andiamo errati più di 40) e poi un movimento promosso da alcuni giovani: “Fiume in piena. Stop al biocidio”. 
Qualcosa di buono può provenire da questi paesi tra le province di Napoli e Caserta quando escono fuori da un’apatia e sfiducia improduttive. Questa mobilitazione è riuscita a coinvolgere le stesse chiese locali nelle diocesi di Aversa e Caserta, di cui è stato alfiere don Patriciello, in nome delle ragioni di difesa della vita e della “custodia del creato”.

Abbiamo però rilevato dai manifesti, dagli slogan, dai discorsi, anche se comprensibile, una accentuata venatura antistituzionale per l’abbandono percepito da questo popolo da parte delle istituzioni pubbliche, che può dar luogo ad un facile giustizialismo quando in una serie di cartelli con foto si dichiarano  “colpevoli”  i vari Commissari ai rifiuti succedutisi  da  Catenacci a Bertolaso, da Basssolino a Pansa e così via. Non spetta a noi emettere dichiarazioni o meno di colpevolezza del disastro ambientale, ma non si può ignorare un dossier diffuso da Legambiente che ha documentato l’azione della Magistratura contro le ecomafie dal 1991 al 2013, censendo 82 inchieste per traffico rifiuti che hanno trasportato veleni da ogni parte d’Italia seppelliti nelle discariche legali e illegali della Terra dei fuochi, gestiti dalla criminalità organizzata casertana e napoletana. Inchieste concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.806 denunce, coinvolgendo ben 443 aziende: la stragrande maggioranza di queste ultime con sede sociale al centro e al nord Italia. In ventidue anni sono stati smaltiti nella Terra dei Fuochi, tra la provincia di Napoli e di Caserta, circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti di ogni specie, trasportati da  410.905 camion carichi di rifiuti che terminavano il loro tragitto nelle campagne del napoletano e nelle discariche abusive del casertano. 

Soltanto l’inerzia diffusa delle istituzioni, la «disattenzione» di chi doveva controllare, e una fitta rete di collusioni e omertà possono aver consentito «l’invisibilità» di una colonna di decine di migliaia di tir”. Tutto questo è avvenuto per decenni  nel silenzio  delle società locali, anche se ricattate dai gruppi della criminalità organizzata che imponevano il coprifuoco quando arrivavano i camion con veleni da smaltire. A nostro avviso non possono  rimanere sullo sfondo del disastro ambientale le responsabilità primarie della criminalità organizzata, delle imprese industriali del Nord e del Centro, e di amministratori e politici, conniventi se non collusi, che devono essere il bersaglio principale di una mobilitazione e di una lotta civile.


In secondo luogo una domanda mi affiorava lungo questo composito corteo, da cui sono stati mandati in coda sindaci e gonfaloni comunali: chi farà la sintesi di tutte le richieste delle varie situazioni e rappresentanze territoriali, quando serpeggia la sfiducia nelle istituzioni pubbliche, ed i partiti sono inesistenti? Nella manifestazione conclusiva a Piazza Plebiscito costruttivamente è stata presentata una piattaforma di proposte in dieci punti come voce dei cittadini rivolta a tre ministeri. Forse è il caso di non parlarsi a distanza, a partire dalle amministrazioni locali, o di aspettare cinicamente che una mobilitazione si esaurisca. Responsabilità degli stessi organizzatori – senza escludere le parti politiche – è dare uno sbocco “politico” maturo a questo “fiume in piena” che contamini la stessa vita pubblica delle comunità locali anche su altri argomenti.

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