LA ZATTERA NEL PRESEPE E LA MADRE CELEBRANTE

Domenico Pizzuti a Genova per l'intervista con Giacomo D'Alessandro

In questo gramo Natale con festoni e luci ridotte al "lumicino" non si rinuncia alla tradizione del presepe nelle chiese e nelle case e a qualche illuminazione sul balcone. A Scampia nel Giardino di Melissa curato da Volontari per Napoli è spuntata una capanna di verdi frasche in cui due silhuette di Maria e Giuseppe aspettano la nascita del Bambinello Gesù. Domenica 22 lì si raduneranno i babbi Natali, grandi e piccini, per gli auguri natalizi. 
Più significativamente, nel Noviziato dei Gesuiti di Genova un piccolo presepe rappresenta Maria e Giuseppe su una piccola zattera con la bianca vela quadrata che veleggiano verso un lido dove è preparata per loro e per il nascituro una capanna. Chi sa se dopo duemila anni gli sarà concessa la cittadinanza per ius soli, nonostante le roboanti affermazioni contrarie di un esagitato Salvini neo Segretario della Lega.

Gesù di Nazareth secondo la tradizione è nato dal grembo di una donna, Maria, come inizio di un cammino umano che lo ha visto migrante in Egitto e rigettato dalle classi dirigenti e sacerdotali del tempo fino ad una morte crudele. Bisogna continuamente riscoprire questa umanità anche debole del Profeta di Galilea, oscurata da secolari sacralizzazioni di riti e rappresentanti del clero, e che l’arte rinascimentale ha invece illuminato e resa vicina nelle varie Annunciazioni e Natività.

A Genova recentemente, a cena nella casa del giovane amico Giacomo, intorno alla tavola apparecchiata ho trovato i genitori (una minuta e amabile signora e un padre di poche parole) e alcuni suoi amici: la cena è stata curata dalla madre che aveva preparato vivande della cucina genovese e le distribuiva. In particolare, al momento del dolce, si è fatta carico di distribuire fette di torta ad alcuni degli amici del figlio e ad un amico sacerdote che non potevano rimanere ulteriormente. Mi è parsa un'autentica “eucarestia domestica” presieduta da questa madre. Se si superano certi aspetti di sacralizzazione della figura sacerdotale e sopratutto si riscopre la “Cena pasquale “ in cui si fa memoria del corpo e sangue donato da Cristo, si superano resistenze delle stesse donne a questa prospettiva, perchè ricondotta a gesti familiari senza svuotarne il Mistero. Sotto questo profilo ha senso l’affermazione di papa Francesco all’intervistatore de La Stampa che “le donne vanno valorizzate ma non clericalizzate”, a condizione si potrebbe aggiungere di pari opportunità senza pretese per le vocazioni di donne e uomini ai carismi o servizi nella Chiesa.

Il riferimento è ad un'argomentazione a favore dell’accesso anche delle donne al sacerdozio come riconoscimento di una vocazione nella comunità cristiana,  da me presentata su Repubblica Napoli con il titolo “Le donne nella chiesa. Figlie di un Dio minore?” (13 aprile 2012) e ripresa su questo blog lo scorso novembre, con il dovuto rispetto per decisioni ritenute intoccabili da parte delle autorità della Chiesa e che non sempre sono comprensibili. L’invito in queste celebrazioni natalizie di fronte ad uno degli eventi più ordinari e gioiosi quale la nascita di uomo da una donna, proprio perché si tratta di un figlio dell’uomo creduto figlio di Dio, è togliere la corteccia della sacralizzazione di riti e persone che tuttora perdura in forme religiose, per assidersi donne e uomini alla festa della vita, come nella cena domestica ricordata, per accogliere una luce di pace nelle agitate vicende del nostro paese, vicende non certo da Unti dal Signore.

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