LA ZATTERA NEL PRESEPE E LA MADRE CELEBRANTE
In questo gramo Natale con festoni e luci ridotte al "lumicino" non si
rinuncia alla tradizione del presepe
nelle chiese e nelle case e a qualche illuminazione sul balcone. A Scampia nel Giardino di Melissa curato da Volontari per Napoli è spuntata una capanna di verdi frasche in cui due silhuette di Maria e Giuseppe aspettano la nascita del
Bambinello Gesù. Domenica 22 lì si
raduneranno i babbi Natali, grandi e piccini, per gli auguri natalizi.
Più
significativamente, nel Noviziato dei Gesuiti di Genova un piccolo presepe
rappresenta Maria e Giuseppe su una piccola zattera con la
bianca vela quadrata che veleggiano verso un lido dove è preparata per loro e per il nascituro una capanna. Chi sa se dopo duemila anni gli sarà concessa
la cittadinanza per ius soli, nonostante le roboanti affermazioni contrarie di
un esagitato Salvini neo Segretario della Lega.
Gesù di Nazareth secondo la tradizione è nato dal grembo di una donna,
Maria, come inizio di un cammino umano che lo ha visto migrante in Egitto e rigettato dalle classi dirigenti
e sacerdotali del tempo fino ad una morte crudele. Bisogna continuamente
riscoprire questa umanità anche debole del Profeta di Galilea, oscurata da
secolari sacralizzazioni di riti e
rappresentanti del clero, e che l’arte rinascimentale ha invece illuminato e resa vicina nelle varie Annunciazioni e Natività.
A Genova recentemente, a cena nella casa del
giovane amico Giacomo, intorno alla tavola apparecchiata ho trovato i genitori (una minuta e amabile signora e un padre di poche parole) e alcuni
suoi amici: la cena è stata curata dalla madre che aveva preparato vivande della cucina genovese e le distribuiva. In particolare, al momento
del dolce, si è fatta carico di
distribuire fette di torta ad alcuni degli amici del figlio e ad un amico sacerdote che non potevano
rimanere ulteriormente. Mi è parsa un'autentica “eucarestia domestica” presieduta da questa madre. Se si superano
certi aspetti di sacralizzazione della figura sacerdotale e sopratutto si riscopre la “Cena pasquale “
in cui si fa memoria del corpo e sangue donato da Cristo, si superano resistenze delle stesse donne a questa
prospettiva, perchè ricondotta a gesti familiari senza svuotarne il Mistero. Sotto questo profilo ha senso l’affermazione di papa Francesco
all’intervistatore de La Stampa che “le donne vanno valorizzate ma non clericalizzate”, a condizione si potrebbe aggiungere di pari
opportunità senza pretese per le vocazioni di donne e uomini ai carismi o servizi nella
Chiesa.
Il riferimento è ad un'argomentazione a favore dell’accesso
anche delle donne al sacerdozio come riconoscimento di una vocazione nella
comunità cristiana, da me presentata su
Repubblica Napoli con il titolo “Le donne nella chiesa. Figlie di un Dio minore?”
(13 aprile 2012) e ripresa su questo blog lo scorso novembre, con il dovuto rispetto
per decisioni ritenute intoccabili da
parte delle autorità della Chiesa e che non sempre sono comprensibili. L’invito in queste celebrazioni natalizie di
fronte ad uno degli eventi più ordinari e gioiosi quale la nascita di uomo da
una donna, proprio perché si tratta di un figlio dell’uomo creduto figlio di
Dio, è togliere la corteccia della sacralizzazione di riti e persone che
tuttora perdura in forme religiose, per assidersi donne e uomini alla festa della vita, come
nella cena domestica ricordata, per accogliere una luce di pace nelle
agitate vicende del nostro paese, vicende non
certo da Unti dal Signore.
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