UNA COMUNITA' DI INSERZIONE. I GESUITI A SCAMPIA
Questo articolo è uscito sul numero di novembre della rivista NotiziEmmanuel della Comunità Emmanuel di Lecce.
Non è agevole
parlare di un’esperienza di cui si è fatto parte due volte per scelta e
destinazione, col tempo l’eta avanza e le esperienze trascolorano, ma
si portano con sé e non perdono
significato. In questa nota non
intendo procedere a cronistoria
e/o valutazione completa, ma proporre qualche riflessione sull’ispirazione
e senso di questa esperienza ancora in
vita da parte di una comunità di gesuiti in un quartiere napoletano periferico, noto spesso per i lati negativi
diffusi dai media: illegalità, degrado,
criminalità.
Il quartiere Scampia nella periferia nord
di Napoli è un esempio da manuale di stigmatizzazione mediatica, volente o
nolente, di un intera popolazione, con il supporto talora di una letteratura
realistica, in riferimento al degrado urbanistico e sociale, al radicamento di
gruppi della criminalità organizzata, al traffico della droga, che in verità nello scorso anno è stato efficacemente
contrastato e controllato dalle forze dell’ordine con l’eliminazione delle piazze di
spaccio (cfr Pizzuti D., Scampia o dello stigma mediatico, in Le due Napoli, a cura di L. Pirillo, ed. Giannini). Ignorando la quasi
totalità della popolazione che soffre di questo stigma sulla propria pelle.
Devo riconoscere che l’inizio della presenza di gesuiti a Scampia risalente all’anno 1986 comincia ad apparire lontana, ed è legata al
ricordo di alcuni studenti gesuiti di teologia nello scolasticato napoletano di Villa S. Luigi, particolarmente sensibili alle condizioni e ai problemi di una periferia dove nei fine settimana si recavano per le loro
esperienze apostoliche e sociali. Queste
scelte si inquadravano nel clima ancora
vivo che faceva seguito al Concilio
Vaticano II e alle scelte della Congregazione Generale XXXIV di una fede che si invera nella giustizia e
nell’impegno per i poveri. Si costuitiva
una prima comunità di gesuiti che abitava in un appartamento di uno degli enormi palazzoni nella parrocchia
di S. Maria Maddalena, che dava un aiuto alla parrocchia locata in un container
e si dedicava ad alcune attività a favore di giovani e famiglie bisognose.
Col
tempo queste attività davano luogo più compiutamente ad un’“Associazione
animazione quartiere Scampia“, al giornalino di quartiere “Fuga di notizie”
e all’assunzione della cura di una Chiesa dedicata a S. Maria della Speranza,
fino a qualche anno fa Rettoria con funzioni parrocchiali. Una svolta a
carattere più progettuale si ha con il “Progetto Scampia” del Centro di
formazione per la cultura ed il lavoro Alberto Hurtado, iniziato nel 2006 ad opera di p. Fabrizio Valletti, che
comprende diverse realizzazioni di avviamento al lavoro, di formazione e
cultura in un edificio in comodato d’uso ai gesuiti da parte del Comune di
Napoli.
Tale progetto si caratterizza come "un’esperienza di pastorale
integrata, orientata cioè allo sviluppo integrale della persona e di inserzione
nella periferia nord di Napoli, dove
laici e religiosi lavorano a fianco a fianco per la crescita spirituale, culturale, e
umana della persona e per la promozione sociale del quartiere, dedicando particolare attenzione
alla formazione umana e alla crescita di una coscienza civile" (cfr F. Romano S. Sala, Scampia oltre le apparenze, in Aggiornamenti sociali 11/2011).
L’ispirazione del progetto intendeva integrare sia l’aspetto sociale sia
quello culturale sia quello spirituale, nelle varie attività dei gesuiti, compresa l’attività pastorale della Rettoria S.Maria della Speranza e l’attenzione alle condizioni dei Rom del vicino
campo di via Cupa Perillo. E questo
proposito si manifesta un aspetto comune e qualificante dei gesuiti della
Comunità di Scampia nel “sovvenire” alle sofferenze di singoli e famiglie
che bussano alle nostre porte, e nella
generosità e dedizione disinteressata di tutti i componenti della comunità.
Questa
comunità gesuitica di “inserzione”, se così si vuol caratterizzare, non certo
secondo lo stile per esempio di quelle dei Fratelli di Charles de Foucauld,
sotto questo punto di vista si caratterizza in primo luogo come inabitante in
appartamenti dello stesso quartiere a contatto con i vari strati della
popolazione, e si distingue a nostro avviso per la semplicità dello stile di
vita, l’attenzione alle sofferenze di singoli e famiglie, e alcune risposte a
bisogni della popolazione del quartiere
ritenuti ineludibili, come l’occupazione ed il lavoro dei giovani e delle donne,
la formazione delle giovani generazioni,
la crescita culturale e della coscienza
civile, e non ultimo di una religiosità
di fede cristiana.
Un problema tipicamente culturale si pone
per chi vuol operare in ambienti diversi
da quelli di provenienza e di
formazione, per le difficoltà di comprendere mentalità, atteggiamenti e comportamenti di culture o
subculture popolari stridenti con i propri per evitare atteggiamenti di
colonizzazione culturale con le migliori intenzioni, Si pone il problema – non
sempre patente – dell’“acculturazione” nel senso semplice di avvicinamento ai
modi di pensare e di vivere di una determinata società (come per gli immigrati)
o strati di popolazione, o anche di “inculturazione”nell’interazione con altre
culture o subculture, di cui poco si parla da un certo tempo, che è qui appena accennato (cfr Cuche D., La nozione di cultura nelle scienze sociali, ed. Il Mulino).
Certo la Compagnia di Gesù in
Italia ha investito in questa comunità non foss’altro per l’alternanza dei gesuiti
inviati, e ci si può interrogare su che importanza e valore si dà ad una
simile comunità e al suo stile per
l’attività del corpo della Compagnia in Italia soprattutto dopo l’elezione di
papa Bergoglio e la sua indicazione alla chiesa di andare verso le periferie
esistenziali di ogni genere. Certo anche nel nostro paese le generazioni dei
gesuiti cambiano e portano sensibilità e progettualità diverse che vanno
vagliate, ma non può mancare un'osmosi tra le diverse esperienze apostoliche
per evitare vasi incomunicanti. Sociologiamente si può pensare che l’avvenire
di simili esperienze dipendano dalle strategie di un corpo in alto e in basso,
di superiori e sudditi, ma come credenti
possiamo e dobbiamo confidare nel soffio dello Spirito verso una dedizione e
dedicazione agli abitanti delle periferie urbane e sociali con l’opportuna
disponibilità, preparazione e intelligenza. Solo questo Spirito può sconvolgere le nostre
vite per un servizio fraterno e amorevole verso “i prossimi”, che incontriamo
sui nostri passi.
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