UNA COMUNITA' DI INSERZIONE. I GESUITI A SCAMPIA

Questo articolo è uscito sul numero di novembre della rivista NotiziEmmanuel della Comunità Emmanuel di Lecce.

Non è agevole parlare di un’esperienza di cui si è fatto parte due volte per scelta e destinazione, col tempo l’eta avanza e le esperienze trascolorano, ma si portano con sé e non perdono significato. In questa nota non intendo procedere a cronistoria e/o valutazione completa, ma proporre qualche riflessione sull’ispirazione e senso di questa esperienza ancora in vita da parte di una comunità di gesuiti in un quartiere napoletano periferico, noto spesso per i lati negativi diffusi dai media: illegalità, degrado, criminalità.
Il quartiere Scampia nella periferia nord di Napoli è un esempio da manuale di stigmatizzazione mediatica, volente o nolente, di un intera popolazione, con il supporto talora di una letteratura realistica, in riferimento al degrado urbanistico e sociale, al radicamento di gruppi della criminalità organizzata, al traffico della droga, che in verità nello scorso anno è stato efficacemente contrastato e controllato dalle forze dell’ordine con l’eliminazione delle piazze di spaccio (cfr Pizzuti D., Scampia o dello stigma mediatico, in Le due Napoli, a cura di L. Pirillo, ed. Giannini). Ignorando la quasi totalità della popolazione che soffre di questo stigma sulla propria pelle. 

E’ tempo di aggiornare l’immagine di Scampia, una realtà complessa che dopo decenni si può definire un caso di “ordinaria emarginazione urbana”, senza chiudere gli occhi su fenomeni negativi radicati. Insieme alle “lenzuolate” di falansteri di 14/15 piani, alle torreggianti Vele abbandonate ma rioccupate da famiglie senza casa, al complesso del Parco urbano con la Municipalità e altri servizi, fanno parte del  panorama urbanistico il muto e bianco Istituto penitenziario di Secondigliano, che si staglia dall’altra parte di via Roma verso Scampia, icona dei reclusi dei lotti popolari di Scampia e dello stesso “campo nomadi” di via Cupa Perillo, che richiama le sofferenze di tante famiglie. Insieme alle difficoltà economiche di molte famiglie del ceto medio basso per mancanza di occupazione, bisogna prestare maggiore attenzione alla loro carenza di strumenti culturali e sociali per affrontare le alee della vita, che richiedono strategie di empowerment o una rete di servizi sociali integrati.

Devo riconoscere che l’inizio della presenza di gesuiti a Scampia risalente all’anno 1986 comincia ad apparire lontana, ed è legata al ricordo di alcuni studenti gesuiti di teologia nello scolasticato napoletano di Villa S. Luigi, particolarmente sensibili alle condizioni e ai problemi di una periferia dove nei fine settimana si recavano per le loro esperienze apostoliche e sociali. Queste scelte si inquadravano nel clima ancora vivo  che faceva seguito al Concilio Vaticano II e alle scelte della Congregazione Generale XXXIV di una fede che si invera nella giustizia e nell’impegno per i poveri. Si costuitiva una prima comunità di gesuiti che abitava in un appartamento di uno degli enormi palazzoni nella parrocchia di S. Maria Maddalena, che dava un aiuto alla parrocchia locata in un container e si dedicava ad alcune attività a favore di giovani e famiglie bisognose. 
Col tempo queste attività davano luogo più compiutamente ad un’“Associazione animazione quartiere Scampia“, al giornalino di quartiere “Fuga di notizie” e all’assunzione della cura di una Chiesa dedicata a S. Maria della Speranza, fino a qualche anno fa Rettoria con funzioni parrocchiali. Una svolta a carattere più progettuale si ha con il “Progetto Scampia” del Centro di formazione per la cultura ed il lavoro Alberto Hurtado, iniziato nel 2006 ad opera di p. Fabrizio Valletti, che comprende diverse realizzazioni di avviamento al lavoro, di formazione e cultura in un edificio in comodato d’uso ai gesuiti da parte del Comune di Napoli. 

Tale progetto si caratterizza come "un’esperienza di pastorale integrata, orientata cioè allo sviluppo integrale della persona e di inserzione nella periferia nord di Napoli, dove  laici e religiosi lavorano a fianco a fianco per la crescita spirituale, culturale, e umana della persona e per la promozione sociale del quartiere, dedicando particolare attenzione alla formazione umana e alla crescita di una coscienza civile" (cfr F. Romano S. Sala, Scampia oltre le apparenze, in Aggiornamenti sociali 11/2011). L’ispirazione del progetto intendeva integrare sia l’aspetto sociale sia quello culturale sia quello spirituale, nelle varie attività dei gesuiti, compresa l’attività pastorale della Rettoria S.Maria della Speranza e l’attenzione alle condizioni dei Rom del vicino campo di via Cupa Perillo. E questo proposito si manifesta un aspetto comune e qualificante dei gesuiti della Comunità di Scampia nel “sovvenire” alle sofferenze di singoli e famiglie che bussano alle nostre porte, e nella generosità e dedizione disinteressata di tutti i componenti della comunità.

Questa comunità gesuitica di “inserzione”, se così si vuol caratterizzare, non certo secondo lo stile per esempio di quelle dei Fratelli di Charles de Foucauld, sotto questo punto di vista si caratterizza in primo luogo come inabitante in appartamenti dello stesso quartiere a contatto con i vari strati della popolazione, e si distingue a nostro avviso per la semplicità dello stile di vita, l’attenzione alle sofferenze di singoli e famiglie, e alcune risposte a bisogni della popolazione del quartiere ritenuti ineludibili, come l’occupazione ed il lavoro dei giovani e delle donne, la formazione delle giovani generazioni, la crescita culturale e della coscienza civile, e non ultimo di una religiosità di fede cristiana.
Un problema tipicamente culturale si pone per chi vuol operare in ambienti diversi da quelli di provenienza e di formazione, per le difficoltà di comprendere mentalità, atteggiamenti e comportamenti di culture o subculture popolari stridenti con i propri per evitare atteggiamenti di colonizzazione culturale con le migliori intenzioni, Si pone il problema – non sempre patente – dell’“acculturazione” nel senso semplice di avvicinamento ai modi di pensare e di vivere di una determinata società (come per gli immigrati) o strati di popolazione, o anche di “inculturazione”nell’interazione con altre culture o subculture, di cui poco si parla da un certo tempo, che è qui appena accennato (cfr Cuche D., La nozione di cultura nelle scienze sociali, ed. Il Mulino).

Certo la Compagnia di Gesù in Italia ha investito in questa comunità non foss’altro per l’alternanza dei  gesuiti  inviati, e ci si può interrogare su che importanza e valore si dà ad una simile comunità e al suo stile  per l’attività del corpo della Compagnia in Italia soprattutto dopo l’elezione di papa Bergoglio e la sua indicazione alla chiesa di andare verso le periferie esistenziali di ogni genere. Certo anche nel nostro paese le generazioni dei gesuiti cambiano e portano sensibilità e progettualità diverse che vanno vagliate, ma non può mancare un'osmosi tra le diverse esperienze apostoliche per evitare vasi incomunicanti. Sociologiamente si può pensare che l’avvenire di simili esperienze dipendano dalle strategie di un corpo in alto e in basso, di superiori e sudditi, ma come credenti possiamo e dobbiamo confidare nel soffio dello Spirito verso una dedizione e dedicazione agli abitanti delle periferie urbane e sociali con l’opportuna disponibilità, preparazione e intelligenza. Solo questo Spirito può sconvolgere le nostre vite per un servizio fraterno e amorevole verso “i prossimi”, che incontriamo sui nostri passi.

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