PAPI. SOPRA IL RUMORE DI NUMERI E TROMBE

tratta da europaquotidiano.it
La festa dei papi canonizzati santi è finita, bisogna certo trovare una spiegazione dell’evento non puramente contabile del numero dei papi o pellegrini affluiti o di compiaciuta copertura mediatica che ha interessato quasi due miliardi persone. Proprio la costruzione dell’evento nell’abbraccio di Piazza San Pietro e di via della Conciliazione, con un esercito all’altare di cardinali, vescovi, sacerdoti con un mite Papa emerito Benedetto XVI tra di loro, la presenza di rappresentanze istituzionali di nazioni di tutto l’orbe, per non parlare dei gruppi di pellegrini di ogni dove con bandiere e icone dei loro santi che arrivavano devoti e festanti per le vie che conducevano al Vaticano, e soprattutto l’ampia e dettagliata copertura mediatica delle TV italiane pubbliche e private dischiude il carattere “politico” della celebrazione, secondo un’osservazione di Vito Mancuso.
Si può parlare di “giorno della Chiesa” nella gloria dei suoi santi anche papi recenti che abbiamo conosciuto, ma non basta. Viene in mente la famosa scena finale del film “Il bellantonio” dove il prete innamorato di Sofia Loren alla fine di fronte al passaggio della gloria del Pontefice in sedia gestatoria ammaliato rinuncia all’amore umano. Ma non è il caso di questa celebrazione composta e non debordante nel tempo, caratterizzata da preghiere e canti di pellegrini devoti. Va ricercata una spiegazione o meglio un senso profondo nelle strategie e intenzioni di papa Francesco. Lo studioso di storia del Cristianesimo Alberto Melloni intervistato ha osservato che questa canonizzazione si inserisce in un primo tempo del papato di Francesco fino al prossimo pellegrinaggio a Gerusalemme, volto a seminare con parole ed opere un nuovo stile evangelico nel suo ministero petrino come vescovo di Roma e a raccogliere adesione e consenso del popolo cristiano (ma non solo) di fronte all’acclarata resistenza degli episcopati della Chiesa.
Il significato non tanto nascosto dell’evento è allora, attraverso la vita esemplare di questi due Papi, proporre al corpo ecclesiastico intero (cardinali, vescovi, presbiteri, religiose/i) la via della vita santa secondo il vangelo nel ministero esercitato. Già Benedetto XVI aveva richiamato la “sporcizia” esistente nel corpo della Chiesa e lo stesso papa Francesco aveva denunciato senza mezzi termini in varie occasioni le varie piaghe della Curia Romana. Appropriatamente, come in altre epoche della storia della Chiesa, si riscontrano in capite tratti di “mondanizzazione” per ricerca del potere, del prestigio, di stili di vita mondana, e nelle membra - specialmente in ambito europeo e nord-americano - aspetti di accomodamento e appiattimento su un relativo benessere di questo mondo. Anche se avremmo preferito una più sobria canonizzazione dei due papi nella basilica di San Pietro, come si fa per i vari santi nelle relative diocesi, comprendiamo il messaggio forte che questa celebrazione open air in piazza intendeva trasmettere. Anche a tutti i componenti del popolo di Dio, cioè i “giusti” innumerevoli per la loro vita e che non sono stati e non sono inseriti nel canone dei santi, terminologia che preferiamo a “santi” e che abbiamo conosciuto e tra cui ci auguriamo di essere.
Mentre i canali TV mostravano le immagini conclusive della celebrazione e la papa-mobile che fendeva la folla presente sulla piazza, un rullo di tamburi mi ha richiamato all’arrivo di “paranze” di fujenti biancovestiti sull’altro lato della strada davanti alle Case dei puffi del Lotto P a Scampia, che portava il loro omaggio con gli stendardi di associazioni della Madonna dell’Arco secondo ritmi nazionalpopolari alla statua incombente del Salvatore (cosiddetto “Cristo degli spacciatori”) ridipinto a vivaci colori insieme alle icone dell’Immacolata, di papa Wojtyla e della Madonna dell’Arco ai suoi piedi che costituiscono questo complesso con una fontana zampillante
Santi, giusti, fujenti sotto casa? Il Salvatore ricomponga questi tasselli di un mosaico vivente.

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