IL MIO RITORNO NEI CAMPI ROM DI GIANTURCO A NAPOLI
tratta da canaleotto.it |
Gli uomini
che abbiamo incontrato sono stati avari di informazioni, anche per assenza dei
loro rappresentanti che avevano visitato un’area di sosta alternativa da
attrezzare con i servizi essenziali, la quale per ovvi motivi non era stata
comunicata dall’Assessorato al Comitato e alle Associazioni che sostenevano
questi rom. Si avverte la mancanza di stabili strutture di comunicazione e
consultazione tra Assessorato al Welfare e Associazioni pro rom. Facciamo
fiducia nella disponibilità nel più breve tempo di questo sito da attrezzare da
parte del Comune partenopeo.
Rimane
sostanzialmente l’abbandono, da parte dell’Amministrazione napoletana e delle
stesse Associazioni, di questi due campi abitati da circa 700 rom, che
risultano invisibili dietro bianche muraglie, e su cui non esistono a nostra
conoscenza progetti di sistemazione né servizi essenziali (acqua, elettricità,
bagni). Infatti l’acqua in un campo viene raccolta in recipienti di plastica da
un allaccio abusivo, e in un altro distribuita da grossi contenitori portati
nel campo. Sfugge in molte descrizioni l’esistenza di minime forme di
organizzazione non sempre gratuite: si vocifera che si paghi un pizzo di 20
euro settimanali per abitazione a colui che ha scoperto il luogo,e mensilmente
per la gestione di generatori di elettricità, e per l’acqua. Il servizio di
accompagnamento scolastico comunale è stato altalenante negli ultimi anni, se
non assente, e affidato alla sollecitudine dei genitori. Specialmente il campo al
n. 169 pulsa di vita per le donne affaccendate nei servizi domestici, i bambini
che si rincorrono nello spiazzo di entrata, gli uomini che a gruppi si
intrattengono Anche qui entrano le mode di vestire e di acconciarsi da parte
delle adolescenti e delle donne più giovani.
Esiste una
responsabilità nei confronti delle condizioni di vita di queste popolazioni rom
che non si può solo addossare all’Amministrazione, ma altresì alle varie
componenti della società civile e alle comunità cristiane, e non si può ridurre
a forme di assistenza o di segretariato sociale anche se si configura
un’emergenza umanitaria. Nelle linee guida della città di Napoli “per
l’inclusione sociale e per l’esercizio dei diritti umani e di cittadinanza
delle comunità Rom presenti nel territorio cittadino” si fa riferimento “alla strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti del 28/2/2012 emessa in attuazione della comunicazione della
commissione europea n. 173/2011 e secondo la quale l’obiettivo di detta
strategia è quella di promuovere la parità di trattamento e l’inclusione
economica e sociale delle comunità Rom, Sinti e Camminanti nella società ed
assicurare un miglioramento duraturo e sostenibile delle loro condizioni di
vita. renderne effettiva e permanente la partecipazione al proprio sviluppo
sociale, l’esercizio ed il pieno godimento dei diritti di cittadinanza garantiti
dalla Costituzione italiana e dalle Convenzioni internazionali” (Delibera
Giunta Comunale n. 174, 21 marzo 2013).
A queste
linee guida ci auguriamo seguano la realizzazione di buone pratiche di inclusione
sociale a partire dalla fornitura di servizi essenziali ai vari campi, per non
essere fuori riga con l’Europa dell’inclusione sociale di Rom, Sinti e
Camminanti.
P.S.
Nell’editoriale domenicale di Repubblica, Eugenio Scalfari facendo riferimento
alla distinzione proposta dal filosofo americano Michael Walzer tra diritti
dell’uomo e diritti del cittadino chiosa: “Quelli dell’uomo dovrebbero essere
estesi e attribuiti a tutti, specie in un’epoca di migranti che vagano in cerca
di fortuna per sfuggire ad una morte civile e spesso fisica nei loro paesi di
origine”. (Repubblica, 4 maggio 2014, pp. 1 e 23).
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