VANGELO DEL REGNO E SINAGOGA. QUANDO UNA STATUA SI INCHINA AL BOSS
tratta da tg24.sky.it |
Martedì scorso, nella proclamazione
della Parola nella Messa si leggeva al capitolo 9 di Matteo la guarigione del muto indemoniato, con la reazione dei
farisei che attribuiscono questo segno all'opera del principe dei
demoni. L’evangelista offre un'immagine di grande efficacia
dell’opera evangelizzatrice di Gesù che "percorreva
tutte le città ed i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe,
predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e
infermità".
Nella riflessione offerta ai fedeli presenti, l’illuminazione
che ho ricevuto – come dico spesso scherzosamente ai presenti –
mi ha fatto individuare in questo scenario riassuntivo dell’opera
di Gesù due percorsi, quello peregrinante per città e villaggi del
Profeta di Galilea, con l’annunzio del vangelo del regno e la
guarigione dalle malattie ed infermità umane, e quello della
comunità di culto del tempo, la Sinagoga, con la venerazione e
lettura della Torah che, specie nei gruppi dominanti religiosi (scribi
e farisei), non sapeva riconoscere la manifestazione della Parola
incarnata nel Profeta che annunzia la buona novella del Regno e che è
illuminazione, guarigione e salvazione.
Gesù è un profeta di
strada, ma insegna anche nelle sinagoghe senza esservi rinchiuso, dove
per esempio proclama tra lo sconcerto il compimento della profezia di
Isaia sull'avvento del tempo messianico, e riceve un rimbrotto per
aver compiuto un gesto di guarigione nel giorno di riposo sabbatico.
Possiamo dire che i due percorsi trovano un punto di incrocio nel
Profeta di Nazareth che porta il suo insegnamento anche nelle
sinagoghe, dove si radunavano i giudei del tempo per il culto. Queste riflessioni possono illuminare anche comportamenti religiosi
del nostro tempo, senza esasperare la contrapposizione tra Vangelo
del regno e sinagoghe di oggi, nel senso di pratiche religiose
tramandate dalla tradizione e consolidate non solo nella religiosità
meridionale. Il riferimento è alla processione con la statua della
Madonna da parte della comunità civile e religiosa di Oppido
Mamertina con le autorità civili in testa, dove ha avuto luogo l’inchino davanti
all'abitazione del boss locale, la quale ha sollevato tanto rumore dopo
la scomunica di papa Francesco ai mafiosi che non si convertono.
Al
di là delle ambiguità nell'organizzazione della processione, da
parte di una chiesa o di comitati di vario genere che appaltano la
gestione della statua con annessi e connessi discutibili,
a mio parere si può intravedere in queste pratiche religiose che si
appellano alla tradizione più una comunità che celebra se stessa
con simboli religiosi attinti ad un immaginario religioso
tradizionale e devozionale. E che non mette in questione contiguità
culturali che costituiscono un humus di riproduzione di mentalità e
pratiche malavitose. Cioè una comunità umana (Sinagoga) non ancora
pienamente pervasa dal Vangelo del Regno, se si inchina con la
statua della Vergine davanti all'abitazione del boss locale, un
comportamento senza mezze parole sacrilego, o come ha sottolineato
con buona maniera mons. Galantino un gesto che la Madonna non avrebbe
gradito.
Si tratta certo di operare sul piano civile e religioso, perché
comportamenti e pratiche anche religiose delle popolazioni
meridionali siano liberati da ambiguità e contiguità con il mondo
criminale, svelando la portata simbolica di gesti non innocenti.
Pensavano che bastassero documenti della Chiesa italiana che
ripetutamente hanno affermato l'incompatibilità tra mentalità/agire mafioso e lezione del vangelo cristiano, e poi le parole
chiare di papa Francesco nella piana di Sibari davanti a 200mila persone. Annunzio del vangelo del regno alla religione popolare o
processioni tradizionali post Missam?
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