RENZI DICTATOR DEMOCRATICO
tratta da qn.quotidianonazionale.net |
La scena pubblica o
meglio politica è certo dominata dal fiorentino Matteo Renzi, per l’attenzione
e il credito da parte dei media verso il suo ruolo di Premier e i programmi che
intende realizzare per cambiare l’Italia con riforme costituzionali,
istituzionali, economiche e sociali messe in campo. Perciò entra nelle nostre
case e nei nostri discorsi lo si voglia o meno, se non ci si abbandona alla
sfiducia totale nei politici che hanno governato e governano il nostro paese, e
si chiude il televisore al momento dei Tg. Come cittadino che osserva e riflette, qualche pensierino si deve esprimere
per capire il fenomeno Renzi (una sorta di tsunami?), incontri o meno la nostra
simpatia, anche per smontare qualche
luogo comune o evidenti petitio principii nei suoi discorsi.
Riflettendo in
questi giorni, al di là di rumors
intorno al Senato della Repubblica che procede ad un auto-suicidio nella forma
attuale, alle cronache infinite di chi dice che cosa o nulla, per un tentativo
di spiegazione dell’affermazione e del credito di Renzi da parte dei media e di
larghi settori dell’opinione pubblica, è tornata alla mente una figura
straordinaria dell’antica Roma, quella del Dictator
che veniva chiamato dal suo buen retiro
in periodi di crisi per provvedere alla salus
della Repubblica romana in difficoltà. Pur in un quadro profondamente mutato,
alcune affinità richiamano tratti di questa figura a cui nessuno ha fatto
riferimento. Certo i successi delle seconde primarie con i tre milioni di
consensi raggiunti, con troppa celerità
rendicontati e che nessuno ha controllato o anche contestato, e sopratutto il
41% circa dei voti al Pd di Renzi nelle elezioni europee come base di una
legittimità elettorale anche se non direttamente personale.
Questa affermazione
elettorale significa, anche da parte dello stesso Pd con tutti i mugugni e
dissensi più o meno palesi di singoli o minoranze, affidamento a Renzi come attore politico per
la realizzazione del suo programma di riforme per il cambiamento politico
invocato e atteso dal nostro paese, e assunto con piglio decisionista dal
nostro Matteo una volta al governo. I grandi media sembrano finora a suo
favore, con un dibattito di opinioni, riserve e distinguo che non si possono
catalogare da qualche bella statuina come provenienti da vecchi “professoroni”.
Dictator democratico, dunque, anche
per la personalizzazione della politica nelle società occidentali ed il
ruolo che conserva il Parlamento per l’approvazione
di decreti e leggi e la pubblica discussione.
Un’affermazione
corrente del senso comune, che però fa comodo a chi è al comando, richiede
qualche precisazione: bisogna “tenersi” Renzi anche con qualche maldipancia,
perchè non si intravedono all’orizzonte alternative, un ragionamento che
riguarda l’attuale contingenza politica. Preoccupa un sistema politico che non
ha alternative di personale politico, che va selezionato e messo alla prova, se
non le scadenze elettorali anticipate o meno. Al nostro Matteo va riconosciuta
una capacità non ordinaria di comunicazione politica, in cui sembra oggi esaurirsi
l’arena politica, che manifesta chiari obiettivi politici da raggiungere e
sbandierare specialmente a livello europeo. Abbiamo l’impressione talvolta che
più che il merito delle riforme si miri alla formalità dell’approvazione di una
riforma da esibire “all’urbi e all’orbo”
direbbe Andrea Camilleri. La petitio
principii risiede nel fatto che si tratta di “una” riforma e non “della”
riforma del Senato, anche se per troppo tempo progetti sono rimasti nel cassetto,
e quella è stata presentata in ogni caso
va discussa e migliorata in Parlamento.
Per non richiamare
sostanzialmente la dicotomia “conservazione/innovazione”,
esposta dal Nostro nel commento ad un nuova pubblicazione del testo di Norberto
Bobbio “Destra e sinistra” (La
Repubblica , 23 febbraio 2014), in cui “palude” necessariamente
non si può identificare con la calma dell’ex Premier Letta ed “innovazione” con
il suo stile decisionista e le proposte di riforma. Il resto è retorica
politica ordinaria più o meno convincente.
In conclusione,
Matteo Renzi Dictator democratico e Retore politico. Dio salvi l’Italia.
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