UN POPOLO PER IL LAVORO DA RISPETTARE
tratta da nanopress.it |
Alle 9 di una luminosa mattinata
ottobrina romana, a piazza della
Repubblica tra rosse bandiere, magliette e palloncini con il logo della CGIL mi inserisco
tra una densa e tranquilla folla di lavoratori verso Piazza San Giovanni per il comizio conclusivo di Susanna
Camusso all’insegna di “LAVORO, DIGNITA’, UGUAGLIANZA”. Sono adulti di vari settori produttivi, pensionati, disoccupati,
precari provenienti da diverse regioni, a denunciare crisi aziendali e chiedere rispetto dei diritti del lavoro.
Sono realmente un popolo che parla la stessa lingua con varie cadenze: composto
da lavoratori sindacalizzati (secondo la
tradizione della CGIL), non così giovane (persone stagionate come la
Susanna) ma saldi e
fedeli. Da parte degli affiliati al settore dei pensionati (3 milioni di iscritti) sono ostentate scritte “Nonni per il lavoro”,
“Nonni per i giovani” per continuare la tradizione e la dignità del lavoro. Una
giovane calabrese porta questa scritta: “Sono laureata, disoccupata. Almeno ci
sono i nonni...”
Al di là di tutte le
contrapposizioni, il politichese, le
cronache più o meno fedeli della manifestazione, è a questo popolo di lavoratori - soggetti primari del lavoro secondo la nota
enciclica di Giovanni Paolo II Laborem exercens, che esprime la dignità del
lavoro nella loro vita, come papa Francesco non si stanca di richiamare per i
singoli e le famiglie - che bisogna guardare per garantire “sicurezza di vita e
salute”, come recita il canone della Messa. Sono una parte sana del paese, e
questo popolo di lavoratori non può essere umiliato, in nome del superamento
della fabbrica fordista e della fine del posto fisso, e di una flessibilità del
lavoro che significa prima facilitazione
di licenziamento da parte delle imprese, e poi tutele crescenti. Un cambiamento
del mercato del lavoro del lavoro che non sembra a vantaggio dei lavoratori, mentre
non si mettono mai in questioni politiche industriali dei governi, delle
organizzazioni imprenditoriali che non hanno concorso a modernizzare il sistema
e le strutture industriali del nostro paese, per non citare l’imponente
evasione fiscale. Sono due pesi e due
misure, forse perchè si tratta dei padroni del vapore. Non basta il giovanilismo rampante, il decisionismo,
la battuta facile per contrapporre nostalgia del passato e futuro, protesta e proposta, tra chi si raccoglie in una
piazza per affermare le proprie ragioni e chi creerebbe lavoro discutendo in un
garage. Perchè si può giocare con le
belle statuine, ma non con gli esseri umani.
Il sindacato, specialmente la CGIL , viene facilmente accusato
di ideologia, di essere un grande e lento
elefante novecentesco, non all'altezza
delle trasformazioni dei tempi, ma a nostro avviso è sospetta anche la supposta flessibilità del lavoro o meglio dei lavoratori a tutti costi per
garantire ed incrementare occupazione
nei vari settori produttivi. Avvertiamo l’esigenza che si mettano allo
scoperto le supposte ideologie o visioni delle due parti, le premesse dei discorsi per non dire
interessi o sostegno di interessi da parte
di rappresentanti politici in auge o
meno. E’ in questione sia la mediazione
universalistica degli interessi dei cittadini da parte di coloro che hanno
appunto il “governo” del paese, sia la mediazione ineliminabile dei corpi
intermedi come le organizzazioni
sindacali, a vantaggio non solo degli
iscritti ma di carattere inclusivo, cioè dei precari, dei lavoratori in
nero, degli apprendisti e così via.
Non si possono ignorare le grandi
trasformazioni degli scorsi decenni verso una “Società della conoscenza o
società dell’informazione”, che ha
superato la manifattura della società industriale, e nemmeno la crescente precarizzazione
e flessibilità del lavoro sulle spalle
dei lavoratori, che ha configurato secondo alcuni una "lotta di classe alla
rovescia". Ma che ne è, o Renzi, della dignità del lavoro appunto “umano” da
assicurare, e dell’eguaglianza da realizzare e non solo sbandierare perchè
qualcuno non sia meno eguale degli altri?
Forse si attaglia la speranza di Giobbe, piagato, calunniato e condannato dai suoi amici: “Io lo so che il mio Vendicatore è vivo e che, in
ultimo, si ergerà sulla polvere” (19,25). Un Vendicatore o un guidatore del
popolo dei lavoratori? Non un messia del cambiamento.
Commenti
Posta un commento