ANTIGONE A SCAMPIA, DI SERENA GAUDINO

La letteratura sul quartiere Scampia si arricchisce di un prezioso ed originale volumetto di Serena Gaudino, Antigone a Scampia, ed. Il Primo Amore, che in copertina specifica trattarsi del mito greco raccontato alle donne della periferia nord di Napoli, riprendendo una proposta di Simone Weil, che ha dato luogo ad una sorprendente autobiografia collettiva di donne di questo difficile quartiere. Si comprende da questi brevi accenni che questo lavoro di un’insegnante e scrittrice napoletana spira letteratura inverata nel presente, e si avvale di una scrittura nitida, controllata ed empatica con i racconti delle donne, del mito e della realtà napoletana.

La scaturigine del progetto fa riferimento ai tentativi di risposta con iniziative educative, formative e culturali da parte di associazioni ai problemi del quartiere in seguito allo scoppio della terribile faida nel 2005 tra il clan Di Lauro e quello degli scissionisti. In un primo momento da tutto questo fermento furono escluse le donne che vivevano specialmente all’interno delle Vele, dei Lotti e dei campi Rom. Nonostante fosse chiara la condizione di marginalità e sottomissione che vivevano sia nella famiglia che nella società, poche organizzazioni – a dire dell'autrice - si occupavano di loro.
Serena Gaudino decise di sperimentare, in questo contesto, l’idea di Simone Weil di usare la grande letteratura greca per spingere le persone a prendere coscienza delle condizioni in cui vivono e a migliorarle. 

"Lei negli anni Trenta in Francia, io alla fine del 2009 a Scampia, entrambe a raccontare la storia di Antigone. Lei in una fonderia, io nella biblioteca del Centro Hurtado al cospetto di una cinquantina di donne che per un anno intero, una volta al mese, sono venute prima ad ascoltare e poi a raccontare personalmente le loro storie. Scoprendo, piano piano, quanto fossero simili a quella dell’eroina sofoclea; morta per non aver ceduto alla legge della città; morta per aver creduto fino in fondo nella legge degli déi, del cuore e dell’amore".

In una prima parte come in un antico anfiteatro teatrale si odono le voci che in sette scene scandiscono la narrazione del dramma di Antigone secondo il mito greco a cui corrispondono quelle attuali e vive di sette donne con le loro drammatiche storie raccolte negli incontri di lettura. In questo modo è restituita pubblicamente la storia e la forza di donne nei duelli tra vita e morte per gli scontri tra clan camorristici nei traffici della droga, di violenza ed oppressione sociale nelle precarie condizioni di vita nelle Vele o nei cosiddetti Sette Palazzi. Eroine o vittime, portatrici delle leggi della vita e dell’amore? Anche l’Autrice si interroga se le donne sono contemporaneamente vittime e carnefici. 

"Carnefici quando si sostituiscono ai capi e diventano depositarie di segreti, si occupano di traffici illegali, di riciclaggio, quando diventano la voce dei loro cari. Vittime quando si accorgono che il loro stesso sangue le identifica col clan, quando si sentono prigioniere di un antico matriarcato che le vuole protagoniste, anche contro la loro volontà, vittime dei propri mariti e del Sistema e del vuoto che lascia lo Stato, del degrado sociale con cui devono quotidianamente fare i conti."

 Giustamente la Gaudino osserva che è impossibile individuare un solo modello, perché a Scampia le donne vivono sospese tra vari ruoli: sono madri che scendono in piazza e mogli che piangono i mariti; madri che difendono i figli ma che a volte, purtroppo, sono costrette anche a seppellirli; possono essere donne di camorra e contemporaneamente madri alla ricerca di una voce che traduca in richieste d’aiuto i loro gesti. Come nel disegno della gabbia di ferro con una apertura tra le sbarre che campeggia sulla copertina, anche le donne di Scampia in drammatiche situazioni possono trovare un uscita di sicurezza elevando la loro voce per ottenere verità e giustizia per i loro cari, sentirsi libere in un quartiere controllato dal sistema. Non si tratta solo di un’emersione liberante di coscienza. ma di uscita da enclave non solo abitative, da mondi culturali in cui predominano carne, sangue, famiglia assorbente come destino. Dall’isolamento di questo tipo di relazioni, per una più ampia relazionalità sociale che faccia ritrovare identità personale e sociale corroborata e sostenuta da interventi istituzionali e del tessuto associativo.

Il volume è corredato da un originale Alfabeto Scampia, che in ventidue parole da anima a territorio disegna con finezza antropologica la storia recente e le condizioni di vita di questo quartiere che non è estraneo agli influssi mediatici e consumistici.
Nell’epilogo una fine nota che guarda avanti: "A Scampia manca un orizzonte: ovunque ci si gira compaiono solo case e grossi palazzi: niente montagne, niente mare, niente infinito. Ma i giovani hanno bisogno di infinito. Hanno bisogno di sognare oltre i confini, di vedere qualcuno che abbia coraggio, il coraggio di gettare il cuore oltre l’ostacolo".
We have a dream. Tutti naturalmente.

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