PERIFERIE MATERIALI, PERIFERIE ESISTENZIALI
tratta da arrevuoto.org |
L’attenzione sulle
periferie napoletane è stata richiamata negli ultimi mesi dalle tragiche morti
di due giovani: Ciro Esposito a Scampia e Davide Bifolco al Rione Traiano. Due
periferie dove storicamente progetti urbanistici abitativi per diverse ragioni
si sono rivelati fallimentari, negli anni settanta al Rione Traiano e negli
anni ottanta a Scampia. La conoscenza superficiale delle condizioni e della
vita di queste periferie è data prevalentemente da informazioni ed immagini diffuse
dai media, che facilmente riproducono stereotipi negativi. Ancora venerdì 26
settembre in un reportage di Domenico Iannaccone attraverso la città di Napoli
(I dieci comandamenti -Spaccanapoli, Rai 3) per svelarne contraddizioni ed
umori, la macchina da presa per Scampia si è fermata sullo Skyline delle Vele
abitate da senza tetto in tutti i loro anditi più orridi ed osceni ed
invivibili condizioni di vita, e sull’Istituto penitenziario di Secondigliano,
dove accorrono per visite i familiari dei detenuti. Ci sono certe altre narrazioni
letterarie più meditate e prodotti documentaristici per le diverse zone
interessate.
Nell’incipit del
famoso testo di Max Weber “La scienza come professione” si avverte: “E’ una specie di pedanteria di noi
economisti, alla quale voglio attenermi, quella di prendere le mosse dalle
condizioni esterne: come si configura la scienza come professione nel senso
materiale della parola”. Di qui l’invito a considerare le condizioni
materiali delle periferie, anche in riferimento alle “periferie esistenziali”,
prevalentemente per l’area napoletana, sulla base dell’osservazione e del vissuto
delle popolazioni per coglierne alcune condizioni e movimenti.
Due premesse
rispetto al concetto o categoria di “periferie”: le periferie dell’area
napoletana (occidentale, nord, orientale) non manifestano un profilo univoco
per quanto riguardo l’origine, la progettazione urbanistica, il tessuto sociale
(aspetti demografici, economici, sociali e culturali) e la dotazione dei
servizi. Una stessa realtà periferica come quella di Scampia presenta una
stratificazione sociale per quanto riguarda condizione abitativa, risorse
economiche e culturali, rapporti con le istituzioni e gli strati sociali non
interagiscono. La periferia rispetto ad un centro è una metafora spaziale che
ha ampliato il suo significato ed è stato applicato a diversi livelli della scala
geografica, ed è passato ad altri ambiti, come quello delle “periferie
esistenziali” evocato da papa Bergoglio per sollecitare la chiesa ad uscire dai
templi e andare incontro a “quelle
del mistero del peccato, del dolore, delle ingiustizie, dell'ignoranza... del
pensiero, di ogni miseria",
Le aree periferiche
sono generalmente svantaggiate rispetto al centro cittadino, sia dal punto di
vista urbanistico e funzionale, che dal punto di vista socio-economico. Si tratta di aree urbanizzate
in seguito allo sviluppo demografico ed all’inurbazione, nel secondo dopoguerra
o dopo il terremoto del 1980 per rispondere al bisogno di abitazione. E’
più importante rilevare che il rapporto centro-periferia è di fatto ampliato ad
altri ambiti che non sono puramente geografici. Già nella considerazione delle
condizioni di sottosviluppo economico del Mezzogiorno nell’immediato dopoguerra
– come nel volume di Banfield “Familismo amorale”- si era fatto riferimento
alla perifericità o marginalità rispetto ai centri dove si elaborano i valori
dominanti, oggi faremmo riferimento alla Silicon Valley per le nuove tecnologie.
Le popolazioni delle periferie non sono estranee all’influsso delle tendenze
consumistiche e mediatiche da centri anonimi che invadono la vita quotidiana, per
quanto riguarda per esempio la moda del vestire di donne e giovani ed il
possesso di cellulari e simili. Anche nella baracca di un Rom troviamo spesso
lo schermo TV piatto, “accattato” in qualche modo. Non sempre è presente una
capacità di rielaborazione critica dei messaggi ricevuti, e la libertà di
fronte ai prodotti offerti dal mercato.
Per una sintesi
degli aspetti demografici e sociali delle periferie napoletane, vedi: Il quartiere di Secondigliano e le altre
periferie della città di Napoli: il contesto demografico e sociale, la
condizione abitativa ed il grado di istruzione per la riqualificazione urbana
di Claudio Quintano, Università degli studi Napoli “Parthenope” 2008.
Preferiamo richiamare l’attenzione sul “vissuto” delle popolazioni nelle
condizioni periferiche di cui sono icona le donne che la mattina portano i figli
a scuola con lo zainetto in spalla, vanno a fare la spesa, si recano alla ASL
per le visite ambulatoriali, provvedono ai servizi domestici, mentre gli uomini
rimangono sullo sfondo. Come rilevava una giornalista di passaggio per Scampia:
“Si vedono solo donne per strada!”. E gli anziani fanno la fila alla posta per
ritirare la pensione. E’ la riproduzione biologica, sociale, culturale della
vita in condizioni di svantaggio, in riferimento in particolare
all’acquisizione del reddito da parte dei bredwinner.
Per quanto riguarda
la coesione sociale, le forme di solidarietà collettiva, movimenti popolari, sono
stati significativi quelli che hanno fatto seguito nei mesi scorsi alla morte
ed ai funerali di Ciro Esposito e Davide Bifolco, per esprimere il dolore
collettivo per la ferita nella carne avvertita da determinati strati popolari
per la morte violenta di parenti e compagni. Espressione di solidarietà di
sangue, carnali, di appartenenze gruppali e sociali, giovanili a circoli
sportivi o ricreativi. Famiglie, gruppi e strati popolari senza voce hanno
alzato la voce, hanno conquistato visibilità, attenzione anche per la
focalizzazione dei media su queste tragiche vicende. Richiamano l’attenzione in
questi territori sull’abbandono da parte delle istituzioni pubbliche, sulla
mancanza di opportunità legittime e di punti di riferimento per le giovani
generazioni, sul controllo del territorio da parte di gruppi della criminalità
organizzata. Ma anche sulla mancanza di rappresentanza di strati popolari, o di
azione collettiva per obiettivi di vivibilità collettiva. Ci siamo interrogati
se in tal modo strati popolari “hanno alzato la voce, hanno alzato la testa”,
esprimendo un fuoco che cova sotto la cenere.
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