Dialogo e riconciliazione. Perché il Papa è andato in Sri Lanka

tratta da corriere.it
di Sergio Sala sj

La visita di tre giorni di Papa Francesco nello Sri Lanka era iniziata con qualche apprensione e si è conclusa con grande soddisfazione da parte di tutti, a cominciare dal Santo Padre secondo le parole del direttore della sala stampa, padre Federico Lombardi. I timori derivavano dalla relativa vicinanza temporale dalla fine della guerra civile (1983-2009), dalla vicinissima tornata elettorale per le presidenziali (8 febbraio 2015), dall'acceso clima internazionale dopo gli ancor più vicini fatti di terrorismo a Parigi.

Occasione della visita era la canonizzazione del primo santo dello Sri Lanka, il sacerdote indiano Joseph Vaz, una splendida figura di missionario che passò la seconda parte della sua vita sull’isola, sfidando ogni ostacolo per riorganizzare la missione cattolica in tempo di persecuzione, arrivando a vestirsi come un mendicante ed incontrando in segreto i fedeli di notte. Vaz dimostrò sensibilità per la cultura e le tradizioni locali, imparando il singalese e il tamil, e dimostrando grande rispetto per le religioni locali. Cinque le lingue in cui si è celebrata la solenne Eucaristia. In ordine di parole pronunciate: singalese, tamil, inglese, latino e italiano. Il Papa appariva sereno ma non particolarmente espansivo, a causa probabilmente del cambiamento di fuso orario e del fatto che non padroneggia l’inglese (nelle Filippine, potendosi esprimere in spagnolo, si sentiva maggiormente a suo agio).

Più delicati gli appuntamenti su temi scottanti quali “dialogo e riconciliazione”. Si tratta di due concetti distinti: mentre parlare di dialogo interreligioso in Sri Lanka è più semplice che in altri stati, perché le quattro principali religioni (70% di buddisti, 13% di induisti, 10% di mussulmani, 6% di cristiani) convivono pacificamente, parlare di riconciliazione è complesso, perché le due principali etnie (70% di singalesi e 30% di tamil) escono da una lunga guerra civile conclusasi con una strage di tamil. Le religioni hanno quindi un ruolo essenziale da giocare nel processo di riconciliazione. Il Santo Padre si è guardato bene dal trascurare nessuna delle varie componenti della società srilankese. Oltre ad affermare che occorre che nel Paese tutti abbiano voce, ha voluto visitare luoghi sacri per le religioni e luoghi significativi per le etnie. La scelta è stata quella di celebrare la messa nella capitale a maggioranza singalese, di visitare un santuario mariano nella regione a maggioranza tamil, di visitare (fuoriprogramma) un tempio buddista, e di incontrare una rappresentanza mussulmana ed induista durante un appuntamento interreligioso.

Il discorso sulla riconciliazione è stato pronunciato nel luogo più adatto: il santuario mariano di Madhu che si trova in territorio tamil. La figura di Maria riesce, qualcuno dice miracolosamente, ad attrarre non solo i cristiani ma anche fedeli di altre religioni. A Madhu il Papa ha parlato esplicitamente del chiedere e del dare perdono. Tenere assieme giustizia e perdono non è facile, non lo è mai stato, ma questo è il cuore del messaggio evangelico, quello che distingue il cristianesimo da ogni altra religione: l’amore non solo per chi ci vuol bene, ma anche per i nostri nemici. Francesco è riuscito a passare il concetto con eleganza, senza apparire né irenico né dimostrare propendensione per una delle parti in causa. Non a caso Bergoglio viene da una terra che possiede non meno ferite dello Sri Lanka, per cui con autorevolezza ha dichiarato che nel processo di risanamento è determinante cercare la verità, non con lo scopo di aprire vecchie ferite, ma piuttosto quale mezzo necessario per promuovere la loro guarigione, la giustizia e l’unità.

Importanti anche gli appuntamenti con le istituzioni politiche. A causa della contesa sulle presidenziali, la visita era stata addirittura messa in dubbio, ma quella che poteva essere una causa di incidenti si è rivelato un ingrediente perfetto per il successo del viaggio. Infatti non solo le lezioni si sono svolte senza violenze, cosa per nulla scontata, ma hanno visto la vittoria dello sfidante, il che ha donato al Paese una ventata di novità di cui c’era bisogno. Mentre il discorso del Papa sulla ricerca della verità storica sarebbe stato difficile da farsi con l’ex presidente accusato di crimini di guerra, il nuovo leader ha dichiarato di non volere seppellire il passato. Francesco, dimostrando ancora una volta il suo fine intuito politico, ha accettato pure una visita di cortesia dell’ex presidente che, quando ancora era in carica, aveva preparato la visita papale. Si è trattato di un segno di distensione per tutti.

Sulla strada per l’aeroporto, in procinto di lasciare l’isola di Ceylon, il Papa ha avuto due appuntamenti minori ma significativi. Ha inaugurato la cappella dedicata a Benedetto XVI, nucleo iniziale dell’università cattolica che l’Opus Dei sta costruendo a Negombo, una città in rapida espansione. Infine ha salutato il padre Vito Perniola, 102 anni, l’ultimo gesuita italiano ancora in vita sull’isola. Questo saluto può essere considerato un particolare tributo alle tante generazioni di missionari occidentali che hanno contribuito all’evangelizzazione e alla crescita dello Sri Lanka.

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