Quale religiosità a Scampia e nel Sud? Considerazioni sociologiche
Nella ricerca in questa torrida
estate di rendermi ragione della religiosità e/o della religione
della popolazione del quartiere Scampia nell’area nord di Napoli,
sulla base dell’osservazione e della riflessione, più volte mi è
tornata in mente quello che a suo tempo è stato chiamato in una
prospettiva simbolico-culturale il “ground bass”, il rumore di
fondo, il “basso continuo religioso” della religiosità del
Mezzogiorno in una società tradizionale.
Con attenzione all’ethos morale e religioso del Sud in una società
in trasformazione è stato osservato che la religiosità popolare,
come complesso di credenze, pratiche religiose e comportamenti,
costituiva il motivo di fondo della fenomenologia religiosa delle
aree meridionali, nonché l’aspetto più drammaturgico di essa
specialmente tra le donne, nei processi di socializzazione primaria,
e in chiesa per le persone di basso livello di scolarizzazione e le
classi età che superano i 50 anni. Questa sedimentazione culturale,
il cui nucleo è costituito da un substrato di miti e simboli, è da
verificare in riferimento alle persistenze e modificazioni nelle
contingenti situazioni storico-sociali.
Su questa scia, a livello di percezione ma non solo, sembra che nei
modi vitali che mi circondano si colga da numerosi indizi la presenza
e diffusione di un immaginario religioso tradizionale iconicamente
rappresentato da numerose statue religiose erette nell’entrata
specialmente dei condomini popolari e dagli edifici delle nuove
parrocchie costruite con le Vele e le lenzuolate di caseggiati
popolari. In tal modo, a ben pensarci, si rappresentano sia le
modalità di una religiosità popolare di tipo devozionale in
riferimento a figure sacre, sia una religiosità istituzionale per la
pratica del culto ed il ricorso ai sacramenti della chiesa cattolica,
con alcune presenze minoritarie di comunità elettive religiose. Un
universo quindi di figure religiose protettive presenti talora anche
in dimore di famiglie coinvolte in traffici della criminalità
organizzata, da Padre Pio alle Madonne al Salvatore che apre le
braccia, ma anche una normatività del culto e dell’amministrazione
dei sacramenti nelle sedi parrocchiali frequentate regolarmente da
una minoranza della popolazione circostante.
A nostro avviso, si tratta di un rumore di fondo che viene da
lontano, riprodotto dall’azione pastorale degli operatori religiosi
in riferimento sia all’aggiornamento postulato dal Concilio
Vaticano II sia oggi dai messaggi e gesti talora spiazzanti di papa
Francesco, con i suoi avanzamenti ma anche progressivi riassorbimenti
secondo modalità tradizionali locali di coinvolgimento degli stessi
fedeli. Anche per la mancata costituzione di Consigli pastorali
elettivi nelle comunità parrocchiali, ed una ri-clericalizzazione
tendenziale dell’azione pastorale per la centralità attribuita
alle parrocchie e ai loro sacerdoti nella pastorale diocesana. Si
manifestano talora anche atteggiamenti di affinità clericale da
parte di gruppi di fedeli in ragione di caratteri culturali dei
praticanti.
Una dinamica suora pugliese mi ricordava che il popolo era sottomesso
ai preti, venerati e rispettati (sic). Si tratta di riflettere se
anche in questa società locale siamo in presenza di una
partecipazione religiosa residuale per numero, età, genere, livello
di scolarizzazione, non facendo affidamento sul basso continuo
religioso persistente a cui all’occorrenza si attinge dalle persone
in momenti che scandiscono i mondi vitali o drammatici
dell’esistenza.
Si rilevano per completezza di analisi aspetti di differenziazione
religiosa all’interno della stessa confessione cattolica, anche se
minoritari. Si tratta di vari tipi di comunità elettive, frutto di
scelta volontaria e vita autonoma, da comunità di base di
ispirazione conciliare e di impegno culturale e sociale, comunità di
religiose/i con una presenza e testimonianza religiosa e sociale non
sempre riconosciuta, dalla Comunità di Sant’Egidio, comunità
neocatecumenali o carismatiche di tipo espressivo. Si ha quasi
l’impressione di una scacchiera con tante pedine che insistono nei
vari riquadri, tra cui non esistono vasi comunicanti. Anche per la
proclamata preminenza della forma parrocchiale, non in grado di
assumere in una pastorale d’insieme altre presenze religiose.
Il riferimento ad un “basso continuo religioso” e ad un
immaginario religioso tradizionale richiama sostanzialmente il
problema centrale della trasmissione della memoria credente per il
passato, per la riproduzione di un certo modello di religiosità da
parte del clero ma anche delle famiglie, e sopratutto per il futuro
in riferimento alla rottura di questa catena nelle giovani
generazioni attratte da altri modelli e riferimenti di senso.
Il “basso continuo religioso” si specifica secondo l’età, il
genere, il livello di scolarizzazione, le classi sociali, e non è
indenne dai venti della modernità culturale e religiosa per quanto
riguarda una soggettivazione religiosa, scelte religiose consapevoli
e non scontate, la ricerca di autenticità, socialità religiose
elettive, testimonianza etica di trasformazione sociale. Questo
cantiere religioso è disponibile alla mobilitazione popolare per
obiettivi condivisi come in occasione della visita di papa Francesco
a Scampia il marzo scorso, e nella scorsa settimana al rione Sanità
sotto l’impulso di due sacerdoti (Alex Zanotelli e Antonio
Loffredo) in occasione dell’uccisione di un diciassettenne che ha
scosso madri e giovani.
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