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Una giovane suora filippina, gioiosa anche nel nome Jovie, provocata nella conversazione a pranzo sul tema inflazionato della Misericordia, mi racconta che ad una consorella che voleva darle un libro sulla Misericordia ha risposto "NON VOGLIO MISERICORDIA STAMPATA, MA NELLA VITA QUOTIDIANA". Un tweet fulminante, che manifesta rispetto a libri stampati e discorsi facili le aspettative (reciproche) nelle relazioni della vita quotidiana, per una coerenza tra parole e comportamenti. Naturalmente il discorso sulla Misericordia punta in alto sulla “Misericordia Domini”, tema del Giubileo proposto da papa Francesco, che fa intravedere che i vari discorsi, catechesi, omelie sulla Misericordia, a nostro avviso richiedono dagli altri cui ci rivolgiamo una percezione o qualche forma di esperienza religiosa di Dio o del divino, il cui nome è appunto “Misericordia”, secondo il volume recente di Francesco Il nome di Dio è Misericordia.
Roberto Benigni alla presentazione del volume, con il sorriso sornione in bocca, ha sottolineato che quella di Francesco "non è una visione sdolcinata, accondiscendente o peggio ancora buonista: è una virtù severa, una sfida non solo teologica ma sociale e politica che va incontro ai peccatori e ai poveri. La misericordia è la giustizia più grande, non la cancella, non la corrompe, non la abolisce".

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