Il nome di Dio è misericordia. Appunti sul libro del Papa
di Samuele Ciambriello
“La
misericordia è il primo attributo di Dio, è il nome di Dio. Non ci sono
situazioni dalle quali non possiamo uscire. Non siamo condannati ad affossare
nelle sabbie mobili.”
Con parole semplici e
dirette Papa Francesco si rivolge ad ogni uomo e donna del pianeta terra
istaurando un dialogo intimo e personale. Al centro c’è il tema che più gli sta
a cuore, la misericordia, da sempre fulcro della sua testimonianza e ora del suo
pontificato. La misericordia ci permette di comprendere la vicinanza di Dio e
le nostre precarietà, le nostre vulnerabilità.
È un libro medicina,
una supposta gradevole.
In un libro come questo
ci sono non solo concetti edificanti e consolatori, Bergoglio ci sta dicendo
che la misericordia è il nostro Monte Bianco, è il nostro Everest da scalare. E
noi siamo contenti di scalare questa alte vette sapendo che è un sacrificio ,
che è dura?
Questo nostro Papa
farmacista tempo fa fece vedere in pubblico un cofanetto che secondo lui era la
salvezza per tutti gli ammalati, lo aprì e uscì fuori un rosario
misericordioso.
Bergoglio è complicato,
impegnativo. Ha abolito per esempio la pena dell’ergastolo definendola pena di
morte mascherata e ogni volta che lui varca le porte di un carcere si ricorda
che anche S. Pietro e S. Paolo sono stati carcerati e ci ricorda che non c’è
giustizia senza perdono.
Anche in questo libro,
con le sue riflessioni su misericordia e compassione e sul tema della giustizia
terrena, continua in una direzione ostinata e contraria, a ripetere che la
Chiesa non è al mondo per condannare. Continua a dirci che c’è bisogno di
compassione oggi per vincere la globalizzazione dell’indifferenza. Queste sue affermazioni, queste sue risposte,
illuminano il cuore di ogni uomo di buona volontà.
Nella conversazione con
il vaticanista Andrea Tornielli, il Papa spiega, attraverso ricordi di gioventù
ed episodi della sua esperienza di pastore, le ragioni di un anno santo
straordinario, ribadisce che la Chiesa non può chiudere la porta a nessuno, affronta
il nodo del rapporto tra misericordia giustizia e corruzione e rammenta: “anche il Papa è un uomo che ha bisogno della
misericordia di Dio.”
Allora mi domando:
-
chi nella Chiesa è stato mediatore nei
percorsi di riavvicinamento tra rei e vittime?
E
ancora:
-
da quando misericordia e solidarietà
verso gli ultimi, verso i miseri sono priorità nella chiesa?
E
infine :
-
come sono stati trattati nella Chiesa le donne gli uomini che dopo il Concilio
dicevano che era necessario uscire dalle chiese e dalle parrocchie per andare a
cercare le persone dove vivono soffrono e sperano?
Infine, l’umanità
inquieta e dolente, fatta di poveri, emarginati, carcerati, disorientati,
omosessuali, divorziati, noi li avviciniamo perché ci sentiamo giusti e
perfetti e loro bisognosi di misericordia, o abbiamo anche il desiderio di
liberarli, senza attendere decreti e leggi? Abbiamo cioè il coraggio di
rimuovere le cause di ingiustizia?
Ma vale anche per i
sacerdoti, perché come dice il papa “ se
uno è un ministro di Dio, finisce per
credersi separato dal popolo, padrone della dottrina, titolare di un potere,
chiuso alle sorprese di Dio”.
La degradazione dello
stupore è un’espressione che a me dice tanto. A volte mi sono sorpreso a pensare
che ad alcune persone tante rigide, farebbe bene una scivolata, perché così,
riconoscendosi peccatori, incontrerebbero Gesù.
Va bene così, la
tragedia è che tanti uomini di chiesa non pensano di aver fatto scivolate, non
restano umili e quindi rischiano di non capire e compatire le mancanze del
prossimo.
Non è un caso che il
popolo di Dio spesso si trova di fronte a questi brutti esempi in cui prevale
l’interesse, la poca misericordia e la chiusura.
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