Vocazioni in calo o riforme mancate? [Adista]
di Giacomo D'Alessandro, Domenico Pizzuti
pubblicato su Adista Segni Nuovi n. 17/maggio 2016
Giacomo Il Papa ha parlato recentemente del calo
delle vocazioni, ma non ha quasi mai citato le possibilità di cambiare o
modificare sistemi e requisiti di accesso ai cosiddetti ministeri.
Questo tema è – mi pare – un grande assente in un pontificato aperto al
dialogo e al ripensamento…
Domenico Alcuni dati “demografici”, come il calo
da alcuni decenni delle vocazioni alla vita consacrata maschile e
femminile e l’invecchiamento dei religiosi viventi, dipendono da cause
tutte da approfondire, e fanno pensare per esempio che alcuni stili di
vita religiosa siano poco attrattivi e vadano rinnovati per una
testimonianza credibile.
Giacomo Il discusso celibato obbligatorio ancora
non viene meno. Fino a quando? Tanti preti sposati non possono
esercitare, tanti viri probati (uomini sposati di provata fede) non
possono essere ordinati. Anche se non ci fosse un calo di vocazioni,
trovo che sia uno spreco dei carismi che dona lo Spirito in variegate
forme, dal momento che solo poche vengono contemplate dalla struttura
ecclesiale.
Secondo tema: le donne sono più importanti degli uomini nella
Chiesa, come Maria degli Apostoli, questo lo abbiamo capito per bocca
del Papa (ma direi che la natura ce lo insegna da sempre). Però non si
pongono prospettive concrete di una maggiore incisività femminile nella
Chiesa: no donne prete a causa del "sigillo" di Wojtyla (lecito...?), no
donne diacono dal Sinodo (la proposta di un padre sinodale non ha avuto
seguito), anche se numericamente le religiose sono quasi il doppio
degli uomini.
Domenico In maniera incrociata, da una parte, il
celibato obbligatorio per i sacerdoti configura un’esclusione
dell’amore sponsale dalla vita del presbitero. Dall’altra parte, la
donna è esclusa dall’accesso al sacerdozio. Si ravvisa in questo da
parte dei rappresentanti della Chiesa una presa di distanza secolare
dall’attività sessuale e dal genere femminile di fronte alla sfera del
sacro. Questo è avvenuto a mio avviso per una paura della sfera
sessuale, che attiene all’amore generante, veicolo della vita e
dell’accesso al divino. Un grumo di problemi consolidati nel tempo, che
superano le richieste di un sacerdozio uxorato libero e di un sacerdozio
accessibile alle donne nella Chiesa cattolica romana. Va approfondito
ulteriormente quanto questi atteggiamenti, sottesi a norme che regolano
la sfera del sacro, siano da attribuire non solo a determinate
concezioni culturali, ma ad una gerarchia ecclesiastica maschile, con
una divisione del lavoro religioso tra chi possiede la conoscenza
religiosa e coloro ai quali viene impartita; tra chi ha il potere nel
campo religioso e regola con autorità credenze, riti e attività (non
solo religiose) e definisce chi appartiene al campo religioso e chi ne è
escluso. È da auspicare, con il concorso di tutto il corpo ecclesiale,
un’elaborazione positiva della sessualità umana per la felicità, com’è
avvenuto recentemente per i temi dell’ecologia grazie all’enciclica
Laudato sì di papa Francesco.
Giacomo Quale strumento e quale sede adeguata
per mandare avanti la questione? Aspettiamo un pronunciamento del papa?
Una riflessione teologica di gruppi d'èlite? (Ma la teologia della donna
esiste da tempo...) Un Sinodo ad hoc? E quando si darà parola alle
donne stesse sul tema?
Domenico Le richieste avanzate per un
completamento affettivo dei sacerdoti con un libero matrimonio e per il
riconoscimento di una pari dignità alle donne nel servizio sacerdotale
alle comunità non sono materia solo di un Sinodo dei Vescovi o di
qualche organo ecclesiastico, ma di una libera e ragionata discussione e
valutazione all’interno delle comunità cristiane, dei movimenti e delle
associazioni di ispirazione religiosa, e non ultimo dei centri di
studio. Cioè il libero accesso al matrimonio dei candidati al sacerdozio
secondo determinati requisiti e delle donne al diaconato e poi al
sacerdozio con l’idonea preparazione e vocazione (perché non dovrebbero
anch’esse avere la vocazione?) non riguarda solo i diretti interessati.
Giacomo Si può parlare sociologicamente di calo
delle vocazioni? O sarebbe meglio parlare di requisiti per le vocazioni
non più adeguati al tempo storico, quindi incapaci di raccogliere le
vocazioni esistenti? Pensiamo alle parrocchie che vengono chiuse invece
di essere affidate a famiglie di laici che siano "prete" esse stesse, ad
animatori pastorali a tutti i livelli, anche eucaristici. Su questo
abbiamo ricevuto buone pratiche da alcune comunità di base, le quali
spesso si sono distaccate dalla Chiesa solo perché non è stata loro
consentita una comunione con il proprio vescovo; forse i tempi non erano
maturi, ma oggi?
Domenico Non si tratta di avanzare pretese o
rivendicazioni, ma di favorire un riconoscimento di eguaglianza dei
diversi carismi nella Chiesa, che in quanto tali non guardano al genere
ma all’ispirazione e al servizio, senza esclusioni di sorta. Altre
confessioni cristiane hanno già incorporato queste richieste, sembra
senza inconvenienti notevoli, con alcuni aspetti discutibili. È utile
ricordare che tutti, anche noi maschietti ecclesiastici, siamo nati dal
grembo di una madre, veicolo della vita che ci è stata data. Di fronte
al mistero del divino siamo tutti uguali e chiamati; le distinzioni
nella sfera religiosa sono storiche e culturali e quindi mutabili nel
tempo. È in questione piuttosto il potere religioso maschile
istituzionalizzato nel tempo.
Giacomo Si è parlato tanto di sfide della
famiglia, ma forse poco delle novità di apporto pastorale che le
famiglie potrebbero e dovrebbero dare. Mentre la discussione si
attorcigliava attorno allo spauracchio dei divorziati e delle coppie
gay, poco si è sentito per esortare le famiglie a essere meno
individualiste e più comunità di famiglie, a fornire e cercare più
formazione biblica, più responsabilità pastorali...
Domenico Le diverse vocazioni (alla vita
consacrata, presbiterale e laicale) devono essere considerate nella loro
unità e diversità, perché riguardano tutte l’esperienza della vita
umana di ricerca ed incontro – procedendo a tentoni – con il “mistero”
che ci trascende (un Dio misterioso, secondo il profeta Isaia). Bisogna
poter rispondere secondo il proprio diverso status con delle scelte di
vita. E aver fiducia che lo spirito di luce e di vita ci viene incontro
dal futuro, nel cammino di questa esistenza terrena, e anche oltre.
* Giacomo D’Alessandro, laico, 25 anni, fa parte
della Comunità di Banchi di Genova; Domenico Pizzuti, gesuita, 85 anni,
sociologo, vive a Scampia. Insieme hanno pubblicato il libro “Ripartire
dalle periferie” (L’inkomunicazione, 2014).
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