Bibbia Aperta: Gomorra (da Aggiornamenti Sociali)
di Giuseppe Trotta sj
Giocando sull’assonanza fra “camorra” e “Gomorra”, Roberto Saviano ha
fatto conoscere al grande pubblico l’efferatezza dei delitti compiuti
dalla malavita organizzata, assimilando i luoghi in cui opera – in
particolare il quartiere Scampia, periferia nord di Napoli – alla città
biblica distrutta da Dio insieme a Sodoma per la sua malvagità. In
questa linea alcuni film e serie televisive hanno rappresentato il
fenomeno criminale con estrema crudezza (cfr Lavagnini A., «Anime nere»,
in Aggiornamenti Sociali, 1 [2015] 90-92).
Chiamato in causa per evocare uno scenario di male assoluto, il testo biblico giustifica una tale operazione? La narrazione nella Bibbia e nella fiction risponde agli stessi criteri etici ed estetici? L’effetto che s’intende produrre sul lettore e lo spettatore è uguale nei due casi? Rileggendo la storia delle due città distrutte dalla pioggia di zolfo e fuoco (Genesi 19,24) confronteremo i due stili di rappresentazione.
Una fiction biblica
Rientrati in Palestina con abbondanti beni dopo aver soggiornato in Egitto, Abramo e Lot si separano pacificamente: lo zio si dirige a ovest e il nipote a est, stanziandosi nella valle del Giordano, un luogo irrigato da ogni parte, prima che il Signore distruggesse Sodoma e Gomorra: era come il giardino del Signore. Alla bellezza del territorio, però, non corrisponde la bontà degli abitanti: ora gli uomini di Sodoma erano perversi e peccavano molto contro il Signore (cfr Genesi 13,1-13).
Come già accaduto con l’uccisione di Abele, la corruzione prima del diluvio universale e la torre di Babele, l’ingiustizia attira l’attenzione di Dio, risuona in lui come un urlo che sale dalla terra e penetra il cielo: Disse allora il Signore: «Il grido contro Sodoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me. Lo voglio sapere!» (Genesi 18,20-21). L’indagine è affidata a due angeli dalle sembianze umane, i quali, ospitati e protetti da Lot, possono constatare di persona quanto sia irredimibile la malvagità degli abitanti di quelle città...
Chiamato in causa per evocare uno scenario di male assoluto, il testo biblico giustifica una tale operazione? La narrazione nella Bibbia e nella fiction risponde agli stessi criteri etici ed estetici? L’effetto che s’intende produrre sul lettore e lo spettatore è uguale nei due casi? Rileggendo la storia delle due città distrutte dalla pioggia di zolfo e fuoco (Genesi 19,24) confronteremo i due stili di rappresentazione.
Una fiction biblica
Rientrati in Palestina con abbondanti beni dopo aver soggiornato in Egitto, Abramo e Lot si separano pacificamente: lo zio si dirige a ovest e il nipote a est, stanziandosi nella valle del Giordano, un luogo irrigato da ogni parte, prima che il Signore distruggesse Sodoma e Gomorra: era come il giardino del Signore. Alla bellezza del territorio, però, non corrisponde la bontà degli abitanti: ora gli uomini di Sodoma erano perversi e peccavano molto contro il Signore (cfr Genesi 13,1-13).
Come già accaduto con l’uccisione di Abele, la corruzione prima del diluvio universale e la torre di Babele, l’ingiustizia attira l’attenzione di Dio, risuona in lui come un urlo che sale dalla terra e penetra il cielo: Disse allora il Signore: «Il grido contro Sodoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me. Lo voglio sapere!» (Genesi 18,20-21). L’indagine è affidata a due angeli dalle sembianze umane, i quali, ospitati e protetti da Lot, possono constatare di persona quanto sia irredimibile la malvagità degli abitanti di quelle città...
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