I Rom nelle case. Una strategia possibile
Dopo la sua elezione a Presidente
della Regione Campania, Vincenzo De Luca ripetutamente nel corso
degli ultimi mesi del 2015 con piglio decisionista se non bellicoso
dichiarava di voler procedere allo “svuotamento” dei
campi Rom esistenti. Gli occupanti, se
vorranno, potranno restare in qualche immobile, e aggiunge: “Mi
sento di chiedere allo Stato di usare la mano pesante” (La
Repubblica Napoli, 23.9.2015). A parte il linguaggio offensivo nei confronti di singoli e famiglie che compongono le
popolazioni Rom e che da decenni vivono in precari e degradanti “campi
nomadi” (campland
è stata definita questa sistemazione amministrativa adottata in
Italia), quasi si trattasse di svuotare da “scarti umani”
(secondo la terminologia di papa Francesco) contenitori di immondizie
come le balle di rifiuti accumulate nella “terra dei fuochi”,
queste dichiarazioni fanno trapelare in ambienti istituzionali una
concezione della “questione Rom” come di ordine pubblico e di
sicurezza e non di diritti umani.
Da un anno il “Comitato Campano
con i Rom” ha sollecitato a più riprese l’Assessorato alle
Politiche Sociali della Regione Campania di convocare il Tavolo
regionale per programmare, secondo le competenze dell’Ente Regione,
una cronologia graduale e progressiva di uscita volontaria dai campi in riferimento alle diverse situazioni locali, proponendo una
pluralità di soluzioni abitative alternative con relativi incentivi.
Finora non c’è stata alcuna risposta.
Nella città di Napoli a dicembre 2014, secondo stime fornite
dal Comune di Napoli e riportate in un dossier DiARC, sono presenti
circa 2700 Rom che vivono nei campi ed altre 800 persone che vivono
in case in affitto o usate ad altro titolo. In Campania è stimata
una presenza di circa 6000 Rom fuori Napoli. Denunciando come sbagliata la creazione di campi isolati ed
emarginanti in Italia, il Commissario ai Diritti Umani del Consiglio
d’Europa osservava: "I campi ghetto portano a gravi
violazioni dei diritti umani. Violano sia i parametri internazionali
e nazionali sia la politica delle stesse autorità italiane in
materia: La strategia nazionale per l’inclusione dei Rom del 2012
non lascia spazio agli accampamenti che emarginano. Si devono dunque
trovare valide alternative. Per agevolare l’inclusione sociale dei
Rom nella società, si rende necessario un cambiamento di politica.
Nuovi sforzi devono essere fatti per andare incontro alle necesssità
abitative dei rom". (Nils Muizniers, Cosa serve davvero
per integrare i Rom, in La Repubblica, 8 aprile 2015, 31)
Per quanto riguarda la Regione Campania, manca finora come in
altre regioni a cominciare dagli anni ’80 una cornice normativa
in materia, a parte la proposta di legge “Interventi a sostegno
delle minoranze Rom, Sinti e Camminanti”, approvata solo in sede
della VI Commissione Consiliare Permanente presieduta dalla Prof.ssa
Luisa Bossa nella seduta del 17 aprile 2007, che all’art. 2 per la
residenza e l’inserimento abitativo prevedeva una pluralità di
interventi (Aree per residenza, recupero abitativo di edifici
pubblici e privati, alloggi sociali come previsto dalla legge 6
marzo 1998, sostegno messa a norma e/o manutenzioni straordinarie
di strutture abitative autonomamente reperite e realizzate da gruppi
Rom, Sinti e Camminanti). In riferimento alle condizioni abitative,
lo Schema di Strategia nazionale di inclusione sociale dei Rom, dei
Sinti e dei Camminanti, indica a sua volta un ampio spettro di
opzioni che non sempre fanno parte della cassetta degli attrezzi
delle amministrazioni locali come quella napoletana: edilizia
sociale in abitazioni ordinarie pubbliche, sostegno
all’acquisizione di abitazioni ordinarie private, sostegno
all'affitto di abitazioni ordinarie private, auto-costruzioni
accompagnate da progetti di inserimento sociale, affitto di
casolari/cascine di proprietà pubbliche in disuso, aree di sosta per
gruppi itineranti. regolarizzazione presenza roulotte in aree
agricole di proprietà di RSC.
Il Comune di Napoli, nell'assunzione della Strategia nazionale
di inclusione sociale dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti, con
Delibera della Giunta n.174/2013, approvata in data 21
marzo 2013, assume l’obiettivo di "Smantellare
gradualmente e con una cronologia prestabilita i campi spontanei e
non, provvedendo a mettere a disposizione soluzioni abitative
alternative o ad attuare percorsi di accompagnamento
all'abitazione", soluzioni abitative alternative non
identificate come pure percorsi di accompagnamento all'abitazione
in occasione di emergenze abitative dovute a sgomberi da parte della
Magistratura. Non esiste finora – a nostra conoscenza - un
documento esplicito di programmazione dell’inclusione sociale
abitativa per le popolazione Rom dei c.d. “campi nomadi” abusivi
o meglio informali dell’area napoletana da parte del comune
partenopeo, ma interventi emergenziali diversi nel tempo da parte
dell’Assessorato al Welfare, che rivestono un carattere “speciale”.
Nello stesso tempo si possono individuare
alcuni orientamenti di intervento in riferimento a diverse emergenze
abitative che si sono manifestate: in primo luogo la disponibilità o
costruzione di Centri di prima accoglienza in genere temporanea, quali la costruzione nel 2000 del Villaggio comunale di accoglienza
via Circumvallazione esterna a Secondigliano, per gruppi di Rom
stanziati sotto la metro di Piscinola - circa 92 nuclei familiari
in seguito ad un un episodio di violenza con la popolazione locale; a metà degli anni 2000 la
disponibilità di un edificio scolastico dismesso (ex Scuola Grazia
Deledda) a Soccavo per gruppi dell’emigrazione romena attendatisi
a Napoli e rifiutati da centri dell’interland napoletano dove erano
stati convogliati dall'Assessore alle politiche sociali del
tempo; dopo la c.d. emergenza Rom del 2008 la lenta definizione ed
approvazione comunale nel 2015 di un progetto tecnico di un villaggio
di accoglienza per circa 490 abitanti del campo di Cupa Perillo, a
cura dell’Assessorato al Welfare, sospeso nel secondo semestre
dell’anno 2015 quando stava per bandirsi il concorso per i lavori
di costruzione, per eccezioni di alcune associazioni alla Commissione
Europea che ritenevano il progetto ghettizzante, e per alcune
richieste di uffici della Regiome Campania al Progetto tecnico
inviato, ma sostanzialmente per inosservanza del cronoprogramma di
realizzazione del villaggio previsto dalla Commissione Europea per
fine 2015.
Nel contempo non si possono ignorare negli ultimi cinque anni
sgomberi di campi in particolari condizioni di precarietà e degrado
a cui non è stata data alcuna alternativa abitativa immediata alle
famiglie abitanti – al di là del soccorso in strutture pubbliche
di persone fragili (malati, donne e bambini) – anche per rifiuto
talora di trasferimento in strutture edilizie pubbliche da parte di
famiglie sgomberate. Sono i casi dei campi recenti della “Marinella”
in via Marina, dell’occupazione di una struttura industriale in
via Comandante Umberto Maddalena, del campo insistente sopra mucchi
di rifiuti in via del Riposo a Poggioreale abitato da Romeni, dove
le famiglie sgomberate si sono disperse in altri campi dell’area
napoletana; in ultimo lo sgombero intimato nel marzo scorso dall’Autorità giudiziaria per circa 1300 abitanti di due campi
informali abitati da circa un decennio in via Brecce a
Sant’Erasmo - Gianturco, per i quali dall’Assessorato al Welfare
è stata prevista la disponibilità di un area cittadina attrezzata o
da attrezzare per solo 300 soggetti, mentre per gli altri non sono
state previste alternative alloggiative o accompagnamenti
all’abitazione, ritenendo forse che come gli altri anni nel periodo
estivo le famiglie romene ritornino nei paesi si origine... Una non soluzione per mettere a posto la coscienza di
istituzioni ed associazioni. o una soluzione forzata di uscita dai
campi.
Si deve rilevare che sia da parte dell’Assessorato al Welfare
sia da parte di alcune associazioni non è stato finora proposto e
sollecitato - se non a livello culturale - un ampio spettro di
soluzioni abitative, compreso l’accesso all'edilizia pubblica
popolare e/o ad abitazioni private come nell'esperienza di alcune
regioni, per non continuare a riprodurre soluzioni ghettizzanti. Si
richiedono, a nostro avviso, alcuni requisiti non sempre in
possesso degli abitanti dei campi, come il riconoscimento giuridico
per assunzioni al lavoro e la disponibilità di risorse economiche
per la sopravvivenza e spese di abitazione oltre che relazionali e
culturali, che sono da ascrivere anche alla cristallizzazione da
decenni della sistemazione in campi che non ha facilitato l’uscita. Nel contempo non si può non operare da parte di Istituzioni
ed associazioni perchè praticamente e mentalmente gli abitanti dei
campi si orientino con incentivi verso l’inclusione abitativa, attraverso una pluralità di soluzioni nell’edilizia pubblica e
privata, che rimane la meta da perseguire.
E’ stato trascurato finora in questa materia, a nostro avviso,
un’altro soggetto, pesantemente incidente non solo nel caso
napoletano, la Magistratura: con sequestri di aree ed intimazioni di
sgomberi a presidio della proprietà di aree occupate abusivamente da
nuclei di Rom e per motivazioni igienico-sanitarie nelle aree
soggette a sequestro. A parte le responsabilità per il mancato avvio
delle popolazioni di queste aree all’accesso a sistemazioni
abitative civili da parte dell’Amministrazione locale secondo le
strategie di inclusione sociale,
rimangono oscuri e non dichiarati soggetti pubblici e privati che
hanno sollecitato l’azione penale a cui deve dar corso la
Magistratura. In conclusione i Rom abitanti in queste aree informali
sono trattati alla stregua di scarti o rifiuti umani da rimuovere
senza prevedere soluzioni alternative. Rimane il dubbio sul perchè l’inosservanza da parte di soggetti pubblici e privati di
diritti riconosciuti delle popolazioni Rom residenti sul nostro
territorio all’accesso all’abitazione non venga eugalmente sanzionata dalla
Magistratura.
Il superamento dopo decenni di sistemazione precaria in campi
formali o informali anche a Napoli non è opera della Magistratura,
ma finalmente di una presa in carico politica da parte
dell’Amministrazione locale con idonea programmazione di uscita
volontaria, per realizzare progressivamente - almeno per ragioni di
civiltà - l’inclusione sociale dei ROM a partire dalla
sistemazione abitativa sul territorio.
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