Salviamo le periferie dai clan


Non ho potuto partecipare alla Messa celebrata nel Rione Sanità per il primo anniversario della tragica morte di Genny Cesarano, con presentazione della statua bronzea in ricordo di una giovane vittima di una sparatoria notturna, perché impegnato a Palazzo San Giacomo nell'incontro con l’Assessore al Welfare sui problemi dei campi rom all’ordine del giorno. Mi risuonano le parole antiche del Profeta Geremia per l’uccisione dei Santi innocenti ordinata da Erode: "Un grido è stato udito in Rama, un pianto ed un lamento grande; Rachele piange i suoi figli, e non vuole essere consolata, perché non sono più". 

Sanità, Forcella, Ponticelli almeno nell'ultimo periodo hanno pianto giovani vite stroncate (a caso o meno) dal crepitio delle armi della Camorra. Non c’è stato solo lutto, pianto, protesta per l’abbandono da parte dello Stato, ma tentativi di alzare il capo e di non cedere alla paura e alla rassegnazione - anche per l’opera di alcuni validi parroci e religiosi -, che hanno dato vita a movimenti popolari con specifiche richieste non sempre esaudite.

Un'osservazione oltre la cronaca delle dinamiche cittadine, e le retoriche vuote della partecipazione popolare, evidenzia che negli ultimi tre anni due movimenti in particolare sono venuti alla ribalta: il primo in seguito alla morte e celebrazione di Ciro Esposito a Scampia, il secondo alla Sanità, “Un popolo in cammino” in seguito alla morte di Genny Cesarano. Il primo da parte di strati popolari connessi a club sportivi, a carattere familiare ed identitario, per celebrare e ricordare Ciro Esposito quale emblema eroico del quartiere, che tuttora vive nel ricordo; il secondo movimento di famiglie, associazioni, comitati, religiosi, per farsi carico e rappresentare i problemi e le richieste di vita e sicurezza del quartiere, che diede vita all'imponente manifestazione del 5 dicembre scorso, chiedendo lavoro per le giovani generazioni, scuole aperte anche il pomeriggio, sicurezza sul territorio a presidio della vita. 
La manifestazione sarà probabilmente ripetuta il prossimo 5 dicembre per ripresentare  il pacchetto di richieste in gran parte inevase secondo le osservazioni dei familiari di Genny Cesarano, con rappresentanti della Municipalità e religiosi portabandiere.

E’ emblematico e fa riflettere che il riferimento di questo movimento sia il Palazzo della Prefettura per gli aspetti delle richieste che interessano le istituzioni centrali e non Palazzo San Giacomo, che forse non dispone delle risorse per rispondere alle richieste avanzate. Riteniamo che non si tratti solo di un problema di “ordine e sicurezza” per l’escalation di violenza: dalla faida nel rione Sanità alle  sparatorie da far west nelle periferie, ai vicoli del centro storico; si tratta invece di incremento di vita civile collettiva: istruzione, cultura, lavoro, socializzazione e fruizione sana del tempo libero (il pallone della statua di Genny Cesarano). A tal proposito sono stati annunciati interventi congiunti di assessorati del Comune napoletano per la riqualificazione del patrimonio ed aree verdi nelle periferie: Ponticelli, Barra e Scampia e più serrato controllo delle aree a rischio da parte della Prefettura.


Una proposta sentiamo di rivolgere al Sindaco Luigi De Magistris: perchè non dedicare il primo anno di lavoro della Giunta alle periferie, coinvolgendo Renzo Piano ed altri per la loro rivitalizzazione? Risposta c'è o non c'è?

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