Il ritorno di Maradona
Stamattina prima di celebrare Messa a Scampia ricordavo ad alcuni presenti un’altra celebrazione del giorno, quella per Armando Diego Maradona, calciatore che portò la squadra del Napoli in vetta alla classifica nazionale. Tutto ciò 30 anni prima. Una presente del vicino Lotto P replica: “E’ un campione!” e va onorato anche
dopo 30 anni. La performance da campione con la vittoria della squadra del
cuore non è solo un avvenimento del passato, ma appartiene e vive nel presente della memoria collettiva. Mi ricordava gli striscioni in
occasione della tragica morte del giovane tifoso Ciro Esposito a bordo campo, un omaggio a questo figlio di Scampia come autentico
“eroe”, per cui anche oggi campeggiano scritte su muri e magliette: “Ciro Vive”. Campioni, eroi, martiri, forse anche santi, sono vivi nella
memoria collettiva perché hanno dato
lustro ad una città, a strati popolari poco riconosciuti nella e dalla società.
Maradona è il campione popolare di cui non si è persa la memoria, un “vincitore”
non solo nelle competizioni calcistiche che come tale in qualche modo
risarcisce le sconfitte della vita di molti e quindi è festeggiato ed onorato.
Allo stesso tempo affiorava il ricordo di quella vittoriosa ed
esaltante giornata per la squadra del Napoli e l’intera città con
“l’effervescenza collettiva” che ne
seguiva, fenomeno sociale descritto dal sociologo francese
Emile Durkheim. Mi trovavo a Piazza
Cavour sotto la Porta San Gennaro, ed ho potuto osservare che la vittoria del Napoli in
quel momento non solo riscattava una squadra ma un’intera comunità, dava
realmente nuova luce, colori, vita a balconi, mura, case ridipinte, nuovi
nomi a strade e passaggi. Un momento che non si dimentica per la sua intensità nella coscienza sociale, irripetibile.
Si può onorare il campione e celebrarlo, non solo a Palazzo San
Giacomo o al prestigioso Teatro San Carlo, ma con la compartecipazione di tanti tifosi e non. Una festa di popolo che attende altre imprese e vittorie non solo
sportive ma di innalzamento dei livelli di vita e di civiltà, nella valorizzazione del capitale sociale ed
umano, perché la festa sia di tutti e
non solo di alcuni privilegiati. “Bentornato Maradona” recitava la scritta luminosa di una paletta alla fermata dei bus: non solo perché hai contribuito ad
un'esaltante vittoria sportiva, ma perché inviti a giocare in squadra per
altre mete e conquiste collettive.
Commenti
Posta un commento