Religiosità a Scampia, cittadina del Sud
In questi ultimi anni di permanenza
nel quartiere Scampia nell’area Nord di Napoli, in riferimento anche ad una
limitata attività pastorale con fedeli prevalentemente anziani nella Rettoria
“S.Maria della Speranza”, ho sperimentato alcune percezioni e riflessioni in merito alla religiosità diffusa nel
territorio da verificare e tematizzare, alquanto dissonante dalla mia per
esperienze di vita anche religiosa maturate. Ho trovato una risposta in una
prospettiva simbolico-culturale nel "ground
bass" o motivo di fondo della religiosità nel Mezzogiorno
("il basso continuo
religioso") in una società tradizionale.
Sembra ancora valida per il nostro contesto, con attenzione all’ethos
morale e religioso del Sud in una società in trasformazione, l’analisi di F. D’Agostino (1984): "La religiosità popolare, sia nella sua forma
biocosmologica, sia nella forma familiare, come complesso di pratiche religiose
e comportamenti e credenze, resta il ground bass, il motivo di fondo della
fenomenologia religiosa delle nostre zone, nonché l’aspetto più drammaturgico
di essa specialmente tra le donne, nei processi di socializzazione primaria e
in famiglia e in chiesa per le persone a basso livello di scolarizzazione e le
classi di età che superano i 50 anni".
Dal mio osservatorio, come sonorità attuale di questo motivo di fondo
della religiosità che si colloca sullo sfondo ("religiosità dello
scenario" che non informa il copione) e connota identificazioni
religiose, si coglie la religiosità che
si può definire "Istituzionale" in riferimento alla presenza ed
azione delle parrocchie in nuove chiese
edificate nel tessuto abitativo e sociale del quartiere ed a mio avviso alla
centralità della figura del “sacerdote” che presiede alla vita della comunità
cristiana con diversi stili personali che hanno richiamato l’attenzione sulla
loro azione su questa frontiera. Da questo punto di vista si tratta di fatto di
un’ architettura istituzionale - non diversamente da altre chiese del nostro paese - a carattere "maschile" nei ruoli
di autorità (sacerdozio maschile) accettata anche dai praticanti con diverse
forme di partecipazione alla vita della propria comunità cristiana, che talora
dà luogo ad un
"clericalismo" o complicità clericale diffusa anche in basso.
Eccetto in occasione della visita nel novembre ‘90 di Giovanni Paolo II
preparata da un apposito Consiglio pastorale di clero e fedeli, non consta che
nelle diverse parrocchie siano stati finora costituiti i raccomandati Consigli
pastorali per la partecipazione anche dei fedeli alla governance delle loro
comunità, anche se non mancano forme di consultazione e partecipazione non
istituzionalizzate.
Non posso dimenticare una decina di anni or sono quando nel corso della
mia omelia domenicale fui contestato da
una convinta devota presente che
ribadiva a mie affermazioni che "la grazia veniva attraverso i
sacerdoti". Riflettendo su queste esperienze di celebrazioni domenicali
e feriali - in una sorta di archeologia religiosa - mi ero fatto l’idea che
nella socializzazione religiosa tradizionale erano stati inculcati
efficacemente alcuni precetti: messa domenicale, confessione dei peccati,
accesso ai sacramenti, devozione mariana,
eccetera, e naturalmente tutto questo
avveniva tramite il sacerdote. Un generoso mio confratello piemontese defunto
che in semplicità aveva voluto passare gli ultimi anni di vita a Scampia, era
rimasto impressionato dalle statue religiose che notava intorno nei condomini e
non solo dei diversi lotti, per non parlare del “Padre Pio abusivo” edificato
da una famiglia su terreno abusivo nell'angolo di un marciapiedi, e del c.d. ”Cristo degli
spacciatori” una statua edificata da un giorno all'altro per iniziativa di una
famiglia davanti alle “case dei puffi” del lotto P noto per il traffico di
stupefacenti, da cui è stato liberato da qualche anno in seguito ad efficace
intervento delle forze di polizia.
Episodi che manifestano un immaginario religioso tradizionale che persiste a
protezione dei caseggiati, delle famiglie, dei singoli nei percorsi accidentati
di vita.
Bisogna riconoscere che, fino ad un recente ricambio, i parroci hanno
guidato le loro comunità anche per più di un decennio con poche gratificazioni
e ricompense, e nel recente volume di Ilaria Urbani, La buona novella. Storie di preti di frontiera, Guida, Napoli 2013,
l’Autrice su 13 ne annovera 5 a Scampia e dintorni. Si può, a nostro avviso,
parlare di una religione istituzionale - o “territoriale” - di maggioranza
nelle sue varie sfumature, che comprende anche nei poco praticanti un
immaginario religioso tradizionale. Elementi di differenziazione religiosa sono
rappresentati dalla presenza di alcune comunità di religiose/religiosi con le
loro testimonianze di vita ed attività educative, formative, e sociali secondo i
rispettivi carismi. Si segnala altresì un’ attiva’élite di professionisti,
afferenti a comunità di base, eredi della stagione conciliare.
Sulla base di una plausibile analisi della religiosità di un’area urbana
meridionale, senza procedere a valutazioni di sorta, in questa provvidenziale stagione pastorale e
riformatrice di papa Francesco ci si potrebbe almeno interrogare se
complessivamente siamo o meno in presenza di una “chiesa in uscita” in modo non
plateale rispetto ai bisogni, attese e
speranze della popolazione del territorio. In una metodologia
"comprendente" dell’azione sociale, anche religiosa, si tratta di
cogliere il senso che informa il ricorso variegato al mondo religioso nella
trama della travagliata esistenza
individuale, familiare e sociale della popolazione. Dietro il culto, come è
stato osservato, c’è sempre l’uomo con le sue sofferenze, invocazioni, e
speranze. E può erompere l’anelito della fede che apre alla speranza.
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