Le donne svelate da Maria


Mentre il celebrante in una recente festa mariana disquisiva sull'importanza del culto a Maria madre di Dio (ai fini della salvezza?), dal fondo della cappella (dove siedo per una scelta riparatrice della centralità secolare del clero nella chiesa, talvolta al posto di Dio) riflettevo sulle donne presenti davanti a me alle Messe feriali. Guardare “dal fondo” aiuta a meglio comprendere la partecipazione di queste donne durante il mese mariano, principalmente all'Eucarestia in cui si fa memoria del mistero pasquale. Non si tratta solo del “fioretto” alla Madonna, che già di per sé racchiude problemi e preoccupazioni che si portano nel cuore per un aiuto dall'alto che dia serenità. 

Una mattina entrando nella chiesa di S.Maria della Speranza a Scampia ho notato i piedi della sacra icona abbracciati da bianchi fiori. Ho detto ai presenti che questi fiori sono mute ma toccanti invocazioni di aiuto, intercessioni da parte delle offerenti per problemi personali e familiari che stringono il cuore. Consapevoli che la fede è in sostanza l’invocazione che si eleva all’Altissimo. Nella venerazione della Madre di Dio secondo i ritmi liturgici emerge il vissuto delle fedeli, la speranza di essere esaudite nella preghiera e aiutate a vivere. Pur magnificando Maria per le grandi cose in Lei avvenute nella storia della salvezza, è esemplare per la preghiera dei fedeli il canto “Magnificat anima mea Dominum” che in una moderna traduzione viene reso: "Dilata il Signore la mia anima e il mio spirito esulta  presso Dio, mio salvatore, perché guardò l’essere in basso della sua alleata" (Lc 1,46-48). Cioè la confessio laudis, ringraziamento e lode.

Nella prevalenza femminile di partecipazione alle celebrazioni eucaristiche del mese di maggio, non solo per un'inculcata tradizione di strategie ecclesiastiche del passato, mi sono chiesto se non si potesse ravvisare in queste donne davanti a me un’identificazione con la Madre delle madri, con la Donna delle donne che a Lei si rivolgono per aiuto e protezione. Questa caratterizzazione antropologica  non può rimanere tale, perché successivamente deve condurre alla fede cristologica, l’unico nome in cui siamo salvati. A parte la considerazione se un eccessivo culto mariano non sia proprio di culture e/o cattolicesimi meridionali, per non rimanere imprigionati da minoranze mariane salmodianti, occorre chiedersi realisticamente se tale culto sia condiviso allo stesso modo dagli uomini, di solito in tutt'altre faccende affaccendati (breadwinner, all'opera portare il pane a casa), e da appartenenti a strati sociali privilegiati, per non parlare di indifferenti ed agnostici che altrimenti sarebbero esclusi da una via di salvezza.


Questo culto alla Madre e alla Donna dischiude qualcosa che va al di là di culti religiosi perché pone al centro dell’esistenza umana e della vita sociale la Donna e la Madre, porta della vita e dello stesso divino che è vita generata in una relazione d’amore con l’Altro. A nostro avviso, dovrebbe essere centrale il “principio femminile” nella vita sociale e nella stessa istituzione ecclesiastica, anche se storicamente la donna spesso ha occupato una posizione subordinata nelle società e nelle religioni. L’esaltazione della Madre di Dio, della Donna oggetto della benevolenza divina, contiene per tutti qualcosa che va al di là di culti e devozioni varie, non solo la Donna Madre che va riconosciuta, rispettata, ed amata, ma un’icona del divino negli immaginari collettivi.

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