Maria ed Elisabetta: dove si manifesta il divino


In quei giorni, Maria alzatasi, corse verso la montagna, in una città di Giuda (Lc 39-45)
Maria si comporta come l’angelo che l’aveva visitata, "entrata nella casa di Zaccaria" salutò Elisabetta. Può sembrare un gesto normalissimo ma qui assume un valore teologico, perché Maria non solo va a trovare la sua cugina Elisabetta, ma entra nella casa del sacerdote e quanto vi o si compie cambia la realtà religiosa istituzionale con il Tempio e le classi sacerdotali. La corsa di Maria è accolta da una benedizione, Elisabetta benedice Maria.
Come Abramo dopo l’impresa vittoriosa a favore della città di Sodoma riceve una benedizione dal sacerdote Melchisedek, Elisabetta benedice Maria - che in questo caso è sostituta di Abramo - ed in un certo senso diventa un "sacerdote" simile a Melchisedek, pur non facendo parte di un’autorità ereditaria e legittima della funzione sacerdotale. E’ lei a benedire sia Maria sia Dio, a rendere grazie della grande impresa della sua parente: accogliere e portare il figlio di Dio, il figlio dell’Altissimo. Elisabetta benedice Maria per il dono che riceve da lei di essere e sentirsi madre ("il bambino si è mosso per la gioia nel mio grembo") soprattutto in forza dello Spirito Santo da cui è riempita. 

Proclamò con alto grido: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo.
Dice la teologa Rosanna Virgili: "Questa benedizione ha un linguaggio squisitamente liturgico che si celebra dentro una casa. Quella casa diventa pari al Santo del tempio. Qui non c’è un dentro ed un fuori come nel tempio. Qui c’è una umanità e divinità intrecciate nella carne di due donne… Dio si fa
Spirito Santo su Maria ed Elisabetta venendo per sempre ad abitare in mezzo al suo popolo". (Rosanna Virgili, Vangelo secondo Luca , in I Vangeli tradotti e commentati da quattro bibliste, Ancora, Milano 2015, p. 827). 
Maria è beata perché ha creduto, ha creduto all’angelo, ha creduto al miracolo che avveniva in Elisabetta, La beatitudine che le deriva dall’aver creduto diventa un inno di lode nella sua bocca per l’incredibile opera di Dio: "Dilata il Signore l’anima mia… perché guardò l’essere in basso della sua alleata" (Lc 1,46). Questa inedita manifestazione del divino per opera dello Spirito Santo avviene nella carne di due donne: in Maria perché l’angelo la rassicura ("Lo Spirito Santo si accosterà a
te ed il dinamismo dell’Altissimo ti avvolgerà come ombra" Lc 1,35) ed in Elisabetta che anch’essa viene riempita di Spirito Santo nel riconoscere la beatitudine di Maria e "benedetto il frutto del tuo grembo".

In questa luce biblica, a mio avviso, si può comprendere e condividere una risposta del P. Arturo Sosa, nuovo Preposito Generale della Compagnia di Gesù, a una domanda sulle donne e la Chiesa: "Gesù non ha seguito le norme comuni della donna della sua epoca. Donne lo accompagnarono sempre. La Chiesa non è esistita senza di loro. Per me sono le grandi trasmettitrici della fede. Verrà un momento in cui il loro ruolo si riconoscerà di più. La Chiesa del futuro dovrà avere una gerarchia differente, con ministeri diversi. Mi appello alla creatività femminile affinché entro 30 anni abbiamo comunità cristiane con un’altra struttura. Il Papa ha aperto la porta del diaconato creando una commissione. Poi potranno aprirsi più porte” (El Mundo, 31/05/2017). Che lo Spirito Santo si manifesti creativamente sulle comunità cristiane che l’accolgono riconoscendo il dono delle donne nella chiesa.

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