I gattini ciechi di Ischia


Abbiamo appreso senza eccessiva meraviglia dalle cronache ischitane del dopo terremoto la convergenza di opinioni da parte di Sindaci coinvolti e del Vescovo locale, che non pongono in nessun rapporto il diffuso abusivismo edilizio con i crolli avvenuti, di ampiezza maggiore della magnitudo 4.0 accertata. Con queste affermazioni le autorità locali intendevano contrastare semplicistiche e strumentali interpretazioni delle ragioni dei crolli, sulla pelle degli abitanti dell’isola. Lo stesso monsignor Lagnese ha affermato: "L'abusivismo edilizio è presente sulla nostra isola e va combattuto con determinazione soprattutto quando mina l'incolumità dei cittadini. Ma va anche affrontato da parte di tutti con senso di concretezza e di piena responsabilità, e senza lasciarsi ingabbiare dai lacci della burocrazia".

Certo sindaci e vescovo di concerto si sentivano in dovere di difendere l’immagine e l’onore dell’isola, di fronte alle accuse contro il conosciuto e riconosciuto abusivismo edilizio come causa dei danni ingenti prodotti dal terremoto. Una sorta di “complicità” tra autorità civili e religiose in sintonia con la “pancia” dei cittadini e dei fedeli. Raffaele Cantone nel suo intervento del 23 agosto su La Repubblica ha chiaramente messo in evidenza le diffuse e molteplici responsabilità del fenomeno nel nostro paese, una camorra vorace negli affari edilizi, un pezzo di imprenditoria collusa, una politica locale che ha guardato al territorio con una logica di sfruttamento miope ed affaristico, una politica nazionale che ha sfornato leggi criminali e criminogene come i condoni, “una cittadinanza in parte distratta, in parte egoisticamente convinta che a casa propria si può fare di tutto”.

Al di là dell’accertamento di responsabilità penali e civili che spetta alla Magistratura, non si può non notare con una certa preoccupazione che simili negazioni del ruolo dell’abusivismo volenti o nolenti tendono a sminuire la gravità degli abusi stessi, uno scheletro nell'armadio che è meglio non aprire. L’auctoritas (civile o religiosa che sia) per definizione deve tendere alla crescita civile del vivere in comunità secondo leggi, norme e regole giuste, e cioè modellare mores e comportamenti anche in questo campo. Tra questi c'è la protezione della vita, nell'osservanza scrupolosa delle regole edilizie, perché le abitazioni non crollino rovinosamente al primo movimento tellurico. 

Non può mancare un pensierino sul ruolo educativo della Chiesa, o meglio delle comunità cristiane sul territorio, in merito alla salvaguardia del creato - cioè della terra e degli uomini che la abitano - perché non si perpetui una dannosa scissione tra culto e vita nella società, né per distrazione né ancor meno per convenienze particolaristiche. Non vorremmo che le discussioni post terremoto, tra la polvere dei crolli, producessero - secondo il proverbio - gattini ciechi in alto e in basso.

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