La mia Chiesa tra Martini e Bergoglio (La Stampa)

di Bruno Quaranta, La Stampa


Intervista a p. Bartolomeo Sorge sj. Parla l' ex direttore di Civiltà cattolica , che negli Anni Ottanta fu tra gli animatori della Primavera di Palermo contro la mafia

Gli anni sono quasi ottantanove. Il gesuita padre Bartolomeo Sorge, già direttore di Civiltà cattolica , già artefice della primavera di Palermo che scosse la società mafiosa, il maggiore esperto di dottrina sociale della Chiesa (fresco di stampa, per Queriniana, Brevi lezioni di dottrina sociale ), in credito con le gerarchie (correvano gli Anni Settanta quando sfumò la nomina a Patriarca di Venezia, nuocendogli la fama di progressista) è approdato a Gallarate, all' Aloisianum, gesuitica cittadella filosofica. La sua monacale stanza è attigua a quella in cui trascorse gli ultimi tempi Carlo Maria Martini.

Il suo rapporto con Martini. A quando risale?
«L' ho conosciuto negli Anni Sessanta, a Roma. Un incontro più approfondito avvenne nel 1975 alla 32 a Congregazione generale (una sorta di Parlamento dei Gesuiti) convocata per adeguare le costituzioni della Compagnia al Concilio.
C' era pure Bergoglio. Perfezionai l' intesa con Martini al convegno su "Evangelizzazione e promozione umana" nel 1976. Temi principali: la giustizia e l' impegno politico dei cattolici».
Il lascito di Martini? «Il suo guaio: nutrirsi solo della Parola di Dio, voler vedere i problemi con gli occhi di Dio, che non sono quelli del diritto canonico».
Martini riteneva la Chiesa in ritardo di duecento anni...
«Sognava una Chiesa giovane, vicina ai poveri, libera dal potere, attenta alle donne. Si capirà che il suo non era un sogno, ma una profezia, avveratasi, che si sta avverando, con Francesco».

Martini invitava a chiedersi «se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale». Quarant' anni fa, la discussa enciclica di Montini Humanae vitae . Come la considera?
«Sul piano pastorale, inadeguata, la pastorale subordinata alla dottrina. Una linea ribaltata da Francesco: il sabato è fatto per l' uomo, non viceversa».
Dalla Humanae vitae alla nuova stagione, l' esortazione apostolica Amoris laetitia , là dove non si esclude la comunione ai divorziati risposati.
«Non si tratta di svalutare la dottrina, ma di affermare - è un fulcro del Concilio - il primato della coscienza. La Chiesa può formare le coscienze, non sostituirvisi. Non si vive necessariamente nel peccato per il fatto che una norma non sia osservata obiettivamente».
Sulla Amoris laetitia alcuni cardinali hanno manifestato gravi «dubia»...
«Perché stupirsene? A insospettirmi sarebbe un plauso universale. Superare, provare a superare, come sta succedendo, consuetudini, osservanze, mentalità di secoli è arduo».

Un incontro con papa Francesco?
«L' anno scorso. Quando uscì il numero 4000 di Civiltà cattolica . Di mille in mille, ogni quarantaquattro anni. A portare il numero 3000 al Papa, allora Montini, fui io, in veste di direttore. "Sono un superstite", mi sono presentato a Francesco».
Come valuta Paolo VI? «Nel Novecento, il Papa più grande, come santità di vita e come modernità di pensiero.
Un pontificato crocifisso. Irto di ostacoli. Ha avuto il merito di salvaguardare il Concilio, di non spegnere il roveto ardente che è. Una Chiesa, la sua, nel mondo, ma non invasa dal mondo. La scelta religiosa come bussola»...
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