Un Vescovo per Napoli?


Una nota della Curia arcivescovile napoletana (Repubblica Napoli, 28 gennaio 2018) informa che, in un incontro del 25 gennaio, Papa Francesco ha invitato l’arcivescovo metropolita Card. Crescenzio Sepe a continuare il suo servizio almeno per altri due anni (fino al 2020), rinnovandogli il mandato pastorale. Una notizia per certi versi inattesa, visto che Sepe compirà i canonici 75 anni il prossimo 2 giugno. Non è il caso di ricorrere a dietrologie su improbabili motivazioni di questa scelta pontificia, in ogni caso restano molte perplessità strutturali sulla scelta e il rinnovo dei vescovi nelle sedi locali, quali l’identikit di un nuovo pastore secondo i bisogni e le attese delle diverse situazioni, e la partecipazione delle diverse componenti ecclesiali all'individuazione del loro pastore, secondo sperimentazioni avviate anche in Italia.

Non sembra finora che, a nostra conoscenza, queste sperimentazioni siano state effettuate o anche proposte “dal basso” nella chiesa napoletana da parte di comunità cristiane, movimenti ed organizzazioni. Tutto nell'indifferenza della pubblica opinione, quando l’arcivescovo locale non è solo il pastore delle comunità cristiane, ma un attore sociale in riferimento ai problemi del territorio della diocesi. Nel caso del Cardinale Crescenzio Sepe (un attore "di stazza" per qualità personali, pastorali, e di governo della chiesa napoletana e nel rispetto delle competenze delle istituzioni civili, secondo la teoria cinquecentesca dei “due regni”) ho apprezzato in questi anni la sua prorompente umanità, che ho definito una volta “terragna” per l’origine nell'entroterra napoletano, e la sua capacità di trattare con grandi e piccoli, i fedeli che lo attorniano alla fine delle celebrazioni.

Nella nota citata, senza alcuna piaggeria che ci è estranea, dando credito alle parole, ci hanno interessato il clima dell’incontro definito di “massima apertura ed attenzione ai temi affrontati”, e soprattutto le “parole affettuose e di apprezzamento del lavoro svolto...confermando la propria fiducia, rinnovandogli il mandato pastorale”. A nostro avviso sono significative chiavi interpretative dell’accoglienza e della fiducia riposta da papa Francesco nell'arcivescovo della diocesi napoletana (semplificando, “vuol dire che gli sta bene”), diocesi che evidentemente si deve preparare nel tempo a desiderare ed individuare le caratteristiche umane, pastorali ed evangeliche di un prossimo pastore, secondo i bisogni e le attese religiose, sociali ed umane del nostro territorio.

E’ necessario rispetto alle attese, per onestà culturale e per la natura stessa delle comunità cristiane che formano una “chiesa”, rovesciare il discorso per ricordare che “la vitalità” della chiesa “popolo di Dio” non si misura solo “a capite” (dalla testa) nelle capacità dei suoi pastori, ma dall'effervescenza e vitalità delle sue diverse componenti (che non sempre emerge), comunità cristiane territoriali, comunità di religiose/i, istituti ecclesiastici di studio e ricerca, gruppi e movimenti di varia ispirazione, opere sociali e culturali, ecc., convergendo nel “camminare insieme”. Per dare nuovo spirito ad un’architettura religiosa consolidata, proveniente dal passato, secondo un Vangelo vivo che pur spira dalle nostre parti, superare compartimenti stagni isolazionistici e dare risposte alle speranze ed attese umane non solo personali, familiari, ma sociali nella costruzione di una città giusta, equa e solidale.


Oltre le belle cattedrali che si elevano al cielo, le icone artistiche, gli ori preziosi, i riti ed i canti entusiasmanti, le divisioni intatte del lavoro religioso ed i ruoli consolidati, per esperienza ed osservazione non solo credente, si può manifestare anche tra noi il vento dello Spirito che prende singoli e comunità conferendo vitalità rinnovata.

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