Zanotelli: la mia missione a Napoli - #3 iniziare processi
di Alex Zanotelli, comboniano
[continua da #1 baby gang, #2 colpevoli]
Il sociologo De Masi afferma che si è creata “una voragine
etica tutta da addebitare al fallimento delle tre agenzie: famiglia, scuola e
i media.” A mio parere sul banco degli imputati c’è anche la Chiesa che, per sua natura, dovrebbe
essere un’agenzia educativa e purtroppo in questo deve riconoscere il proprio
fallimento. La nostra è una Chiesa in gran parte, dedita al culto e spesso
incapace di legare fede e vita. Con una notevole presenza di ragazzini di
‘strada’, la chiesa dovrebbe investire in oratori, dove questi ragazzini possono
sentirsi accolti, amati, ove trovare un ‘grembo materno’. I religiosi
dovrebbero lasciare i loro conventi e vivere con la gente delle periferie come
Papa Francesco sta chiedendo: ”Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di
Gesù Cristo - scrive Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium. Preferisco una
chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per strada, piuttosto che
una chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie
sicurezze.”
Ecco perché ho scelto di vivere nel Rione Sanità. Con me c’è
padre Arcadio Sicher, francescano che ha vissuto lunghi anni nelle baraccopoli
d’Africa ed anche una laica consacrata Felicetta Parisi (pediatra). Viviamo,
come tanti nostri vicini, in spazi molto ristretti. La nostra è una presenza
povera e semplice, fatta di contatti e relazioni, soprattutto con i più poveri,
i malati, gli anziani soli, gli emarginati (Rom, migranti, senza fissa dimora).
Camminiamo con la gente, con il popolo della Sanità (non abbiamo nè progetti né
strutture).
“Io sono una missione su questa terra- dice Papa
Francesco - e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere se stessi
come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare,
sollevare, guarire, liberare.” E questo non solo in chiave personale, ma anche strutturale. E’ questo secondo aspetto il più
difficile in queste periferie di Napoli, dove è così difficile far partire
movimenti popolari per ottenere i propri diritti.
Ecco perché anche noi abbiamo
scelto ‘d’iniziare processi più che
occupare spazi’ come dice
Papa Francesco. “Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi
nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti,
finchè fruttifichino in importanti avvenimenti storici.”
E’ quanto stiamo tentando di fare con la Rete del Rione
Sanità, battendoci perché lo Stato si occupi seriamente della Scuola, crei lavoro per chi
non ce l’ha, offra sicurezza sulle strade, offra spazi di cultura e di gioco
per i più piccoli. Solo così potremo offrire una speranza ai ragazzini
abbandonati a se stessi di queste periferie. Ma non è semplice. Avevamo dato
inizio, dopo l’uccisione di Genny, al Popolo in Cammino nella speranza di
coinvolgere altre periferie. Ma anche questa iniziativa si è già arenata. Ma
non ci scoraggiamo!
Ci sono voluti secoli per creare questo individualismo
storico del Sud, ci vorrà tempo e pazienza perché le periferie di Napoli si
uniscano per chiedere i loro diritti. Ma questo avverrà solo se un popolo unito
scenderà in piazza per chiederlo. Ecco il nostro sogno che ha le sue radici
nelle fede in un “Dio privo di credenziali nell’impero, sconosciuto nelle
corti, non gradito nel tempio-come afferma il biblista americano W. Brueggeman.
La sua storia inizia con il prestare attenzione alle grida degli emarginati.”
E’ questa la nostra missione nelle periferie di questa metropoli.
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