Salvini: not in my name

di Domenico Pizzuti -



Mentre il Ministro dell’Interno Salvini interveniva al Senato sulla poco onorevole se non disumana vicenda dell’Aquarius - 629 migranti in fuga da situazioni di guerra cui era stato negato l’attracco in porti italiani - e sulla politica per l’immigrazione, un senatore di opposizione esibiva il cartello significativo FORTE CON I DEBOLI. Sì, onorevole o meno Salvini. Si è creato un caso sulla pelle di poveri africani in balia nel mar Mediterraneo per due scopi: mostrare agli elettori leghisti che si onoravano le promesse elettorali, e chiedere maggiore attenzione e solidarietà all’Europa di Bruxelles, perché certo i paesi del cartello Visegrad non hanno mostrato apertamente disponibilità ad accogliere migranti. In altre parole le sofferenze e le attese dei migranti raccolti sull’Aquarius sono state chiaramente strumentalizzate per scopi politici di chiusura dei nostri confini marittimi, alzando i toni non certo per accogliere e difendere i deboli.

In seguito a questa vicenda, che disattende dettati marittimi internazionali sull'attracco nel più vicino “porto sicuro”, l’Unione europea ha triplicato i fondi a disposizione per i problemi dell’immigrazione, e il Ministro Salvini ha dichiarato in Senato che si propone di ridurre il contributo per l’accoglienza dei migranti da 35 a 25 euro a persona, penalizzando i poveri malcapitati nei centri di accoglienza. E' “vomitevole” e “miserevole” il risparmio sulla pelle dei poveri, e quel "deve finire la pacchia" riferito ai migranti nelle strutture di accoglienza innesta una guerra contro i poveri in virtù dello slogan “Prima gli italiani”, anche se per costoro esistono già misure di politica sociale.

Più che la rilevanza mediatica di Salvini (con la faccia feroce, si direbbe a Napoli) e la sua caratterizzazione come “mattatore” propagandistico a fini di consenso da parte soprattutto degli elettori leghisti, emerge una chiara politica di chiusura all’emigrazione dall’altra riva del Mediterraneo, ed una strategia anche mediatica studiata da tempo ed agitata in discorsi e proclamazioni, non sanzionata finora da provvedimenti approvati dal Parlamento. Preoccupa che questa politica di esclusione si avvalga del consenso popolare leghista, non tanto per esorcizzare paure, ma per difendere un relativo benessere specialmente nelle regioni più progredite del Paese. Non guardano al di là dei locali confini geografici. In questo modo, la Politica con la P maiuscola rinuncia alla funzione di orientamento di strati della popolazione, alla costruzione di una società aperta e non rinchiusa nei propri confini. E’ noto infatti che le società chiuse anche demograficamente agli apporti di altre popolazioni invecchiano, isteriliscono e rischiano di morire.

Viene sbandierata l'inesatta affermazione di rappresentare gli italiani tout court, che riguarda solo una maggioranza elettorale e strati sociali impoveriti dalla crisi economica, impoveriti anche culturalmente, strumentalizzati da una studiata propaganda sui temi dell’immigrazione e della sicurezza. In ogni caso, ci tengo a dire “NOT IN MY NAME”, e mi auguro che molti altri manifestino dissenso e desiderio di una illuminata politica di accoglienza, che non impoverisce ma arricchisce nell’incontro con l’Altro.

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