Malapolitica e distrazione di massa: il caso rom a Roma
di Domenico Pizzuti
Matteo Salvini, “Ministro della malapolitica” per quanto riguarda
migranti e stranieri, ha ripescato con toni roboanti e risolutivi il capro espiatorio
dei Rom della Capitale per il programma di eliminazione - con la sindaca
Raggi - dei campi rom formali e informali. Come è stato osservato dal Presidente della CEI Bassetti per i
migranti, anche per questa campagna contro i Rom romani si può parlare di un’“arma di distrazione di massa” da problemi più pressanti, trattandosi
di una piccolissima minoranza della popolazione (4500 presenze a Roma),
vulnerabile perché senza protezione e spesso invisa alla gente per pregiudizi
inveterati promossi nelle campagne elettorali, che non fanno onore alla
all'intelligenza di regioni progredite del paese.
"A Roma la situazione dei Rom è un casino totale. Il mio
obiettivo è arrivare a zero campi rom, con una chiusura progressiva". E
rilancia la proposta di censire le presenze non solo dei rom nei campi, facendo
finta di ignorare che i censimenti etnici non sono ammessi per legge. Ha poi aggiunto: "Conosco bene i dossier della Capitale, molti campi li ho visti personalmente e non
vedo l'ora di sigillarli e restituire quegli spazi ai cittadini". Sulle modalità con cui la Raggi si sta
approcciando al problema, dice:
"Dove ci sono i sindaci della Lega abbiamo sempre risolto il problema con
le buone maniere e senza violenze".
Si tratta di un approccio muscolare al problema e
facilmente risolutivo, chiudendo i campi senza prevedere soluzioni abitative
alternative. Non si sa se prendere sul serio le roboanti affermazioni o
passarle come campagna elettorale di
eliminazione di minoranze. Le quali facilmente
assurgono a bersaglio di insoddisfazioni e paure per gli effetti delle crisi economiche, sociali e culturali di famiglie, comunità e territori nell'ultimo decennio. La
determinazione salviniana e leghista su certi temi riguardanti soggetti deboli
e vulnerabili (migranti, rom, negri che siano), anche in questo caso lascia intravedere un
malanimo diffuso nei confronti di chi è diverso, straniero, nemico (hostis),
con una perdita di umanità e di solidarietà, della comune
appartenenza al genere umano.
Si può parlare di montante xenofobia - non
correttamente usata come sinonimo di
razzismo - perché fomentata a scopo di
facile consenso in campagne elettorali che non dovrebbero continuare anche da
posti di governo. C’è l’idea del nemico alla porta accanto, della
contrapposizione tra gruppi sociali, di
una mentalità guerresca per affermarsi ed affermare la propria bandiera di
movimento, che comporta l’allontanamento e/o l’esclusione dell’Altro
dagli spazi territoriali, privato di possibilità, opportunità, diritti umani
riconosciuti. Viene in mente per
somiglianza di combattente la figura del
condottiero Federico Barbarossa con la spada in pugno, e di Salvini della Lega
di Pontida con i suoi programmi. In fondo, oltre la persistenza in certe
campagne non solo elettorali, si intravede una punta di cattiveria per avere
ragione, predominio degli e sugli altri
(individui e gruppi) invisi e ostili, una creazione sociale nelle relazioni
sociali tra gruppi. Non è solo una questione antropologica come tentativo
analitico di affermazioni, atteggiamenti, comportamenti di Salvini e seguaci,
ma invade e modella la stessa politica
che diventa se non contrastata una “malapolitica”, fa danni nelle relazioni con le minoranze
che gratuitamente sono penalizzate, perché è in gioco la sostanza stessa della
vita democratica.
Aggiungiamo una notazione non solo formale riguardante il ruolo del
Ministro dell’Interno nella nostra Repubblica, che non può capovolgere da un
momento all’altro leggi e regolamenti. Infatti dovrebbe sapere che in
attuazione di una raccomandazione dell’Unione europea l’Italia si è dotata di una “Strategia nazionale di
inclusione sociale di Rom, Sinti e Camminanti” (2012-2020) che interessa
quattro settori specifici di inclusione:
abitazione, scolarizzazione, lavoro e sanità, che è quindi regolativa non solo
per gli Enti locali ma per lo stesso Ministro del Governo, e non un dossier che
si può respingere o cambiare a piacimento.
Appare chiaro dalle dichiarazioni
riportate che la parola d’ordine non è più “INCLUSIONE” ma “ESCLUSIONE” fisica di poche migliaia di
Rom residenti, tra cui certo cittadini
italiani e comunitari, disattendendo una regolazione comunitaria e nazionale.
Di fronte alla delibera della Corte europea sui diritti umani, che
sollecitata da tre famiglie rom e
dall’Associazione 21 luglio onlus ha fermato per una settimana lo sgombero
degli abitanti di Camping River, appare
sprezzante e preoccupante la battuta: "Ci mancava solo il buonismo della
Corte di Strasburgo!", avente
valore giuridico. E’ disconosciuta ogni regolamentazione europea e nazionale
perché in contrasto con obiettivi e metodi che si vogliono perseguire sulla questione Rom a Roma ed in Italia, un capovolgimento inaccettabile di governo del paese.
Commenti
Posta un commento