Come parla Salvini


di Domenico Pizzuti


Nel riferimento all’Europa dal palco della manifestazione leghista dell'8 dicembre a Piazza del Popolo, in cui campeggiava la persona del leader più che del partito, Salvini al di là di tratti retorici merita attenta  riflessione per questo passaggio riportato dalla stampa, una chiara impostazione “populista” pur nell’entusiasmo di un appello al popolo. 

Chiedo il mandato di andare a trattare con l’Ue non come ministro ma a nome di 60 milioni di italiani che vogliono lasciare ai loro figli e nipoti un’Italia migliore. Se c’è il vostro mandato non abbiamo paura di niente e di nessuno”, continua Salvini rivolgendosi a piazza del Popolo.  “Qualcuno – continua – ha tradito il sogno europeo, noi daremo il sangue per una nuova comunità Europea fondata sul rispetto, sul lavoro, sulla crescita, sull’equità”. 

Si mescolano elementi di visione europea con richiesta di un mandato a trattare personalmente con le istituzioni europee, al di là dei ruoli istituzionali. Osservano a proposito Passarelli e Tuorto nel recente libro La lega di Salvini (Il Mulino, 2018): "Nel mondo leghista sono ampiamente diffusi orientamenti a favore del leaderismo e decisionismo in politica, tratti presenti con minore intensità nell’elettorato del M5s e nell’intera popolazione". E’ chiaro in questo discorso la centralità del leader riconosciuto che si assume personalmente gli interessi e le attese dei cittadini in sede europea a nome in ogni caso non di 60 milioni ma di coloro che fanno parte del popolo leghista per scelta elettorale. 

Cioè il Salvini cittadino si porta sulle spalle le attese di milioni di cittadini, e non sappiamo come si presenterebbe a Bruxelles con questo carico e quale considerazione avrebbe. E’ chiaro che in questo appello è presente una rassicurazione ai manifestanti da parte del loro leader, una esibizione e conferma di leadership personale ma non istituzionale, che si gioca direttamente nella manifestazione popolare.
Il punto della questione chiaramente riguarda l’impostazione non istituzionale nel rapporto con l’UE, che non si comprende come si attuerebbe bussando alle istituzioni europee. Ci sembra piuttosto un giuramento di fedeltà come nelle vecchie manifestazioni di Pontida, cioè un mandato di fiducia nel leader. 

Salvini ricorda di certo di essere stato deputato europeo, che sul piano istituzionale i rapporti con l’UE si basano su un mandato elettorale nel Parlamento Europeo o su una rappresentanza istituzionale dei diversi paesi. Questa legittima a trattare a diversi livelli. Piuttosto bisognerebbe chiedere al nostro come ha gestito le rappresentanze parlamentari europee ed ora quelle istituzionali da Ministro dell’interno, nelle diverse occasioni di incontro e discussione, e con quali risultati. 

Il populismo di piazza in certo qual modo sovverte l’impostazione istituzionale di cui il Salvini è pure portatore come eletto e ministro della Repubblica. A conferma di questo ragionamento sulla sua retorica vale uno dei comuni denominatori proposti della categoria di “populismo”, che rimanda al rovesciamento della oligarchia usurpatrice e "alla restaurazione della sovranità popolare finalmente riconosciuta, da esercitare non più attraverso la mediazione delle vecchie istituzioni rappresentative ma grazie all’azione del leader (tendenzialmente carismatico o comunque legati emotivamente alla propria”gente” attraverso meccanismi di transfert) in grado di fare “il bene del popolo" (Marco Revelli, Populismo 2.0, Einaudi, 2017).

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