Quattro rom morti
di Domenico Pizzuti
Quattro Rom di origini serbe, residenti nel campo Rom di Cupa Perillo a Scampia, sono morti pochi giorni fa sulla via Telesina in seguito allo scontro con un tir, inseguiti dalla polizia per non essersi fermati all’Alt intimato. Quattro famiglie
in una notte private dei loro cari, a cui esprimiamo la nostra vicinanza e cordoglio, ma una
perdita anche per tutta la comunità Rom di Cupa Perillo che vive o meglio sopravvive da un
trentennio con vari espedienti legali, semilegali e illegali, specie gli uomini, non essendo state offerte loro altre possibilità di vita; né da parte della "società
civile" circostante, né dalle politiche sociali del nostro paese, né dall’amministrazione regionale e
cittadina.
La partecipazione al lutto delle famiglie, al di là di altre valutazioni delle
responsabilità personali che sono sempre in circostanze date ("Perchè siamo figli di un dio
minore?" s’interrogava un giorno uno degli abitanti del campo), induce ad una riflessione sulle
condizioni di abbandono e sul difficile riconoscimento del diritto di cittadinanza in cui sono vissute generazioni Rom che incontriamo sui nostri percorsi
quotidiani. Le relative responsabilità delle istituzioni civili, amministrative e
politiche non hanno offerto loro riconoscimento e opportunità di vita dignitosa, mancando indicazioni e norme internazionali, europee e nazionali.
Non si tratta solo di una considerazione sociologica: nell’invocazione ad Allah
potente e misericordioso, che si suole elevare in queste circostanze sui caduti e le loro
famiglie e comunità, si dimentica un Dio che è anche giusto e quindi quarda anche alle
ingiustizie circostanti, ad individui e comunità, per un giudizio giusto e risanante delle ferite individuali e sociali, e perché niente resti come prima.
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