Soffermarsi sul concetto di "popolo"

di Domenico Pizzuti


Ho letto sull'Huffington Post questo commento di Pietro Salvatori sul discorso del premier Giuseppe Conte al Forum di Davos: “Giuseppe Conte prova ad essere il volto buono del populismo. Davanti alle élite (mai così in crisi) di Davos lancia l'Europa del popolo contro il progetto vecchio e logoro e contro i falsi europeisti”. 

A nostro avviso non basta evocare in maniera ambigua “L’Europa del popolo” solo perché chiaramente fa parte della retorica populista. Il tono dell’eloquio è cortese e garbato, ​ma le parole scelte pesano come macigni. Pietre che vanno a comporre chiaramente sulla testa della platea la parola populismo. "C'è una parola chiave attorno alla quale abbiamo costruito la nostra visione politica e l'attività di governo - tuona dolcemente il presidente del Consiglio - e quella parola è Popolo. Dobbiamo dare una risposta a tutto questo, abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo, di una visione radicalmente nuova". Riteniamo il titolo del servizio ambiguo, se non illusorio, per mancanza di adeguata conoscenza del fenomeno e dei cosiddetti movimenti populisti, alla prova del governo anche in Italia.

Una precisazione sul concetto di “popolo” nella retorica populista ce la offre Raffaella Baritono nel testo "Rappresentazioni di genere, diritti delle donne, e leadership femminili nei populismi contemporanei" edito nel 2018.

Cruciale è andare più a fondo rispetto al concetto di “popolo” (Canovan 2005; Urbinati 2014) che si ritrova nella retorica e nei movimenti populisti di destra e di sinistra, variamente descritto come: vox Dei, comunità organica, fonte unica di sovranità e legittimità, depositario di valori “autentici” che le élite (economiche, intellettuali, politiche), mettono costantemente in crisi, espressione della moralità della politica, popolo come “common people”, e popolo come “ordinary people”, o “forgotten people”, comunità che incarna la purezza e le virtù contro i vizi delle élite e dei nemici e che, in alcuni casi, rimanda ad un immaginario religioso di rigenerazione e purificazione di un ordine divino contrapposto a quello terreno (Zanatta 2013, p. 17).

Ora appare evidente che se, nella retorica dei movimenti populisti (tutti), il popolo è “uno” che nel suo ergersi a fonte primaria della sovranità e dell’espressione autentica e pura dei valori morali si astrae dall’insieme dei di uomini e donne per assurgere a entità assoluta e univoca - il “Popolo”, appunto - le differenze che attraversano uomini e donne, dal punto di vista di genere, ma anche etnico, razziale, di classe, scompaiono e diventano ininfluenti nel loro fluidificarsi all’interno del popolo, come comunità organica.

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